Με ιδιαίτερη χαρά λάβαμε από τον κύριο Crescenzio Sangiglio την εργασία του για τους Πομάκους, την οποία και δημοσιεύουμε παρακάτω.
ΠΕΡΙΛΗΨΗ ΣΤΑ ΕΛΛΗΝΙΚΑ
«Οι Πομάκοι: ένας λαός ζητά συγγραφέα»
του Crescenzio Sangiglio
Με
τίτλο «Οι Πομάκοι: ένας λαός ζητά συγγραφέα» το κείμενο που δημοσιεύεται στο
ιταλικό περιοδικό «Φερμέντι» πραγματεύεται την «υπόθεση Πομάκοι», μια
δημογραφική, πολιτική, πολιτισμική και θρησκευτική κατάσταση στην οποία
έπαιξαν, δυστυχώς και επί το πλείστον μονομερώς, και συνεχίζουν να παίζουν
βασικό ρόλο οι σχέσεις Ελλάδας-Τουρκίας όπου, όπως αντικειμενικά δείχνουν όλα
τα γεγονότα, η θέση της Ελλάδας είναι, θα έλεγε κανείς, εγκληματικά παθητική
και καθοριστικά φοβισμένη ενάντια σε μια Τουρκία με εντονότατη επιθετικότητα
όχι μόνο γενικά στις πολιτικές επιπτώσεις, αλλά προπάντων «στοχευμένη» στην
ημερήσια πραγματικότητα των μουσουλμανικών μειονοτήτων ιδίως στους νομούς της
Ξάνθης και Ροδόπης (τουρκόφωνοι, Πομάκοι, Ρομά).
Και είναι ακριβώς αυτός ο χώρος στον οποίο οι πλείονες Πομάκοι και Ρομά
αποδεδειγμένα βιώνουν, εξαιτίας ακριβώς της απουσίας, ή αν θέλετε της
λανθασμένης και κακής παρουσίας, της Ελλάδας – φαντάζει σίγουρα σαν ένα είδος
εθνικής αυτοχειρίας που ως τώρα, απ’ ό, τι φαίνεται, διόλου δεν απασχολεί τις
κρατικές και περιφερειακές ελληνικές εξουσίες – ανυπέρβλητες δυσκολίες υλικές
και πνευματικές, εθνολογικές και γλωσσολογικές πολιτισμικές και διδακτικές σε
όλα τα επίπεδα της πεζής καθημερινής ζωής και κατ’ επέκταση της υπαρξιακής εξέλιξης.
Είναι ένα κείμενο-αναδρομή στη καταγωγή των Πομάκων (προέλευση, όνομα,
θρησκεία, πολιτισμός) με μια όσο το
δυνατόν εκτεταμένη αναφορά στις σχέσεις τους με την Ελλάδα και στην πολιτική
που αυτή ακολουθεί σε ό, τι αφορά τους ίδιους από τα μέσα του 20ού
αιώνα έως σήμερα, με ιδιαίτερη μνεία στο δύσκολο πρόβλημα της εκπαίδευσης από
το δημοτικό και μετά όπως επίσης και στο πραγματικά φλέγον ζήτημα – που η
ελληνική πολιτεία δεν θέλει να αντιμετωπίσει και λύσει – των ποικίλων, συχνά
αυθαίρετων, αντιδεοντολογικών και εκτός κάθε προξενικής δικαιοδοσίας ενεργειών
του τουρκικού Προξενείου στη Κομοτηνή, αποτέλεσμα των οποίων είναι η εδραίωσή
του σαν ξένο κράτος μέσα σε ένα ανύπαρκτο ελληνικό κράτος.
Δεν υπάρχουν στο κείμενο αναλυτικές αναφορές στη διασύνδεση του θέματος
των Πομάκων με τα διεθνή φόρα. Είναι μια θεματολογία πρόσφορη για μια
μελλοντική μελέτη με βάση συγκεκριμένες αποφάσεις, παραινέσεις και επιβολές από
διεθνείς θεσμικές οργανώσεις.
Ακολουθεί το ιταλικό κείμενο:
I
POMAKI: UN POPOLO IN CERCA D’AUTORE
di
Crescenzio Sangiglio
Nella regione dove si erge la catena
montuosa di Rodòpi (Ròdope) occupando la parte centro-occidentale della
penisola balcanica, a sud della Romania e della Serbia e a cavallo tra Bulgaria
e Grecia, si trova stabilita la popolazione dei Pomaki, sparsa tra Bulgaria e
Grecia, in prevalenza, e, in molto minor misura, nella Tracia orientale(Turchia),
nella FYROM e in Albania.
Secondo il censimento del 1991, i Pomaki
sono complessivamente circa 350.000 dei quali circa 45.000 in Grecia, circa
290.000 in Bulgaria e i rimanenti stanziati negli altri tre paesi succitati. La
maggioranza dei Pomaki, sopra tutto in Grecia, è di fede musulmana, mentre in
Bulgaria non pochi di loro negli ultimi due secoli hanno subito la coatta
bulgarizzazione e cristianizzazione in collettivi battesimi e cambi dei nomi.
Nella zona del fiume Evros(Maritza, in bulgaro), confine greco-turco, ad est di
Rodopi risulta stanziata la setta dei Pomaki Kisìlbassis, eretici musulmani con inspegabili consuetudini
cristiane e lingua slava infarcita di termini greci antichi.
In sostanza la presenza dei Pomaki si estende
in una vasta regione che, dalla zona a sud di Filippòpoli(bulg. Plovdiv)
giunge, scavalcando la catena di Rodòpi, sino ad una fascia da nord-ovest di
Xanthi fino al limite orientale costituito appunto dal fiume Evros.
Le origini
Le origini della gente dei Pomaki cambiano
a seconda che ci si riferisca agli abitanti in Grecia, Bulgaria, Turchia,
Albania e FYROM. Ove si eccettuino questi ultimi due Paesi dove la percentuale
pomaka è del tutto irrilevante sia dal punto di vista politico che sociale, vere
e proprie teorie sull’origine dei Pomaki vengono sostenute con maggior o minor
tasso di convinzione storica e plausibilità in Grecia, Bulgaria e Turchia.1
Grecia. – Secondo gli
studiosi, i Pomaki sono discendenti degli antichi Agriàni, una popolazione trace di particolare valentia guerriera,
convivente con le adiacenti genti elleniche, poi slavizzata dopo la disccesa
degli Slavi in Grecia nei secoli VII-VIII d.C. e successivamente in prevalenza
islamizzata durante il dominio ottomano nei secoli XV-XVII.
Bulgaria. – Appartenenti
invece al ceppo razziale bulgaro vengono considerati i Pomaki da parte degli
etnologi bulgari: più precisamente sarebbero stati in origine bulgari slavi
cristiani poi convertiti alla religione musulmana, una parte di propria volontà,
un’altra sotto l’effetto di atti di violenza. Una seconda teoria invece ritiene
che i Pomaki cristiani bulgari abbiano in blocco abbracciato l’Islam per puri e
semplici interessi economici: in quanto musulmani le tasse erano quasi nulle o
almeno facilmente sostenibili, mentre in quanto cristiani l’imposizione
tributaria era particolarmente gravosa. Da tener presente, infine, che i Pomaki
in Bulgaria sono bulgari a tutti gli
effetti e pertanto non vengono considerati minoranza.
Turchia. – Nell’ottica degli
storici turchi i Pomaki altro non sono che l’antica razza dei Turchi Kumani stabilìtisi nella regione
prima della conquista ottomana. La lingua slava che parlano è quella appresa a
seguito dei secolari contatti con le limitrofe genti slave.
Varia. – L’origine dei
Pomaki, infine, è diversamente orientata nell’ex repubblica federativa popolare
jugoslava di Macedonia(FYROM), secondo cui si tratta di Slavi macedoni(?!)
costretti a convertirsi all’Islam, e nelle prospettive di altre teorie senza
paternità nazionale, più o meno fantasiose: si tratta di una razza ignota, non
locale oppure di discendenti dagli Arabi oppure addirittura di discendenti di
Maometto venuti nella regione per diffondere l’Islam!
Ai fini della certezza delle origini
pomake sono stati perfino eseguiti assai estesi esami del DNA in Grecia e in
Bulgaria, i primi per dimostrare la ellenicità dei Pomaki, i secondo la loro
natura bulgara. Le risultanze sono state ovviamente in vario modo contestate
dall’una e dall’altra parte interessata.
Il termine “Pomaki”
In greco: Πομάκοι, in bulgaro: Помаци, in turco: pomaklar – una denominazione avvolta, ancor
più che l’origine, nella più completa incertezza terminologica ed etimologica.
Oltremodo poi abbondano le ipotesi. È illuminante una breve panoramica.
In ambito bulgaro, si presume che il
termine provenga dal verbo slavo pomoči,
aiutare, in quanto i Pomaki erano coloro che assistevano, che servivano gli
altri. Una seconda interpretazione fa discendere il termine dal bulgaro mak oppure pomagast, ossia tormentato,
servo degli altri, sottoposto, privo di propria entità. Un’altra spiegazione
viene proposta con la parola bulgara paturnjak,
cioè “colui che è diventato turco”.
Secondo, invece, una “versione” turca, il
termine “pomako” deriverebbe dal turco çomak,
bastone, manganello, mentre il punto di vista greco vi scorge una discendenza
dal greco antico απόμαχος, riferendosi alla formidabile cavalleria di Alessandro
il Grande costituita appunto da combattenti di origine pomaka, gli antichi Agriani. Infine un’altra interpretazione
greca individua nel termine “pomako” il significato di πόμαξ (πότης), ovvero bevitore,
conformemente all’accertata abitudine dei Traci a indulgere in abbondanti
libagioni, ciò che gli attuali Pomaki non esitano a considerare offensivo e
falso, mentre essi stessi, al contrario, non esitano a designarsi come Αχριάν (Achriàn), nel senso di Αγριάνες, Agriani, stirpe della Tracia antica, montanari e rudi
abitanti nella parte centro-ovest dei monti di Rodopi, nell’antichità noti
anche come Αγραίοι (Agrèi) e Αγριείς (Agriìs).
A nostro parere quest’ultima derivazione
razziale sembra essere anche la più convincente e scientificamente possibile.
Non si dimentichi peraltro che proprio entro tale cornice prospettica sin dal
1946 gli stessi Pomaki ebbero a chiedere all’ONU di venir considerati di chiara
origine greca e, in quanto greci, di voler
appartenere alla Grecia stessa(a tal riguardo, v. infra i tentativi dei Pomaki in Bulgaria).
La lingua
Fino alla fine del '900 la lingua dei Pomaki era priva di redazioni scritte, espressa
sostanzialmente nella sola forma orale, al pari dei canti popolari. Solo nel
1996 nappare la prima pubblicazione concernente la lingua pomaka: un’opera in
tre volumi edita a Thessaloniki(Salonicco) a cura del maestro elementare Petros
Theocharidis, primo e tra i più importanti studiosi del popolo pomako e della
sua cultura.
I primi due volumi costituiscono il primo dizionario
greco-pomako e pomako-greco, mentre il terzo espone la grammatica e sintassi
della lingua pomaka.
Il cospicuo inizio della presentazione
pomaka produsse negli anni successivi e sino ad oggi una ricca messe di manuali
di grammatica, favole pomake, giornali e riviste nonchè canzoni tradizionali in
lingua pomaka.
Chiaramente la lingua pomaka appartiene al
ceppo slavo, non però nella struttura cirillica bensì in quella latina e, attualmente in
Grecia, trascritta in caratteri greci. Vi convivono elementi espressivi
bulgari, serbi, greci, turchi e albanesi, evidentemente acquisiti nella
diuturna familiarità e prossimità (e spesso anche promiscuità) con le
corrispondenti nazioni. La lingua pomaka parlata nella parte est della Tracia
occidentale appare aver subìto una più spiccata influenza della lingua turca,
mentre quella parlata nella parte ovest rivela una assai intensa presenza
linguistica greca, perfino di origine antica oltre che di reminiscenze traci.
Le analogie che riflettono precisi influssi
ellenici si riscontrano principalmente nelle due fondamentali categorie dei
sostantivi e dei verbi, il che possibilmente testimonia una stirpe (gli Agriani) per molti versi a lungo inserita
entro le prevalenti etnìe elleniche. D’altro lato, al contrario, palese e
talora ossessiva è stata ed è l’intenzione e la volontà degli studiosi bulgari
di far comparire il linguaggio pomako come immediato e diretto discendente
dalla lingua bulgara e ciò quale prova della esclusiva appartenenza dei Pomaki
al ceppo bulgaro. Ovviamente in questa tensione dialettica non si tiene alcun
conto delle incongruenze, inesattezze e sproporzioni in cui cadono spesso le
loro elaborazioni linguistiche.
A proposito dell’”inesistenza scritta”
della lingua pomaka, solo da un ventennio positivamente superata, giova
spendere alcune considerazioni illustrative e orientative quale comprova
peraltro della “situazione etnica” nella quale si è venuto a trovare il popolo
pomako fino ai tempi più recenti.
Ragioni sociali e ragioni politiche sono
state individuate2 come spiegazione di tale inesistenza. Il punto di
partenza sta nel fatto che l’uomo pomako sin gli ultimi anni ’80 del
1900 viveva quasi isolato sulle pendici della catena montuosa di Rodopi, poco
propenso a contatti con la circostante evoluzione urbana della società.
Socialmente, pertanto, il Pomako, fors’anche a motivo della “propria
psicosintesi e della coltivata immagine di sé”, si era circondato da una annosa,
cosciente arretratezza sociale, accentuata da ineludibili ristrettezze
economiche nell’isolamento ambientale montano nel quale viveva e dal quale
temeva di allontanarsi e perdersi(perdendo la propria identità) nelle (più)
progredite, non lontane società vallive.
Ne è conseguita la diffusione nella più
ampia regione della Tracia di una, più o meno sincera e/o interessata, “fama”
di ignoranza e inconsistenza etnica dei Pomaki, scaduti e dileggiati quali
prototipi di insipienza, inettitudine e inciviltà. Dentro questo coacervo di
negatività stirpale anche il pratico meccanismo di comunicazione, la lingua
pomaka, veniva coinvolta in una devastante critica di degradazione e
avvilimento. Parellela ne era altresì l’umiliazione della stessa identità
etnica pomaka, una gente acriticamente ritenuta “socialmente arretrata,
economicamente inferiore, civilmente inesistente”.3
Il fatto poi che la lingua suonasse in
“modo slavo” non pochi sospetti creava in una zone di confine come la Grecia
del Nord, da Thessaloniki al fiume Evros, dove le mire bulgare e jugoslave di
sbocco sul mar Egeo troppe minacce e collisioni avevano prodotto in ambiente
greco, sia governativo che della pubblica opinione, per non propalare nei confronti degli
slavofoni Pomaki (anche se gli stessi sostanzialmente innocenti e non coinvolti
di propria volontà) sentimenti di avversione e diffidenza.
La lingua ne subiva il contraccolpo
impersonalizzandosi in una continua solitudine ideologica che escludeva
qualsiasi possibilità di riconoscimento topografico.
Al fattore sociale si aggiungeva poi anche
quello politico sin dai primi anni del XX secolo. Di solito la Grecia è
appartenuta, e apparteneva, ad un blocco politico opposto e ostile a quello dei
limitrofi Paesi slavi al nord, Jugoslavia e sopra tutto Bulgaria, sì che le
popolazioni pomake slavofone come erano (e sono) e situate nello spartiacque
dei due blocchi politico-militari (NATO e Patto di Varsavia), non potevano che
essere inquadrate entro una inestricabile rete di riserve, sospetti e mai
provate ragioni discriminanti.
L’essere, infine, i Pomaki di fede
musulmana non faceva che peggiorare il riscontro della loro presenza in
territorio greco giungendo fino a produrre il sistematico impedimento, in ogni
eventualità, di rendere scritta la loro espressione linguistica: pertanto, l’orientamento
religioso implicitamente, ma spesso anche in maniera apertamente esplicita,
veniva comunque interconnesso con ogni risultanza proveniente dalla Turchia,
storicamente nemica della grecità.
In
entrambe le situazioni la Grecia riteneva di avere motivi più che validi per
cercar di neutralizzare la presenza dell’elemento pomako minimizzandolo al
massimo: timore di sentimenti filobulgari, da una parte, e timore di
esaltazioni musulmane, dall’altra, costituirono, e costituiscono (crediamo) fin
nel più recente passato, la bilancia critica del trattamento riservato dallo
stato greco ai Pomaki. In ultima analisi, attualmente, dopo gli effetti di due
guerre mondiali, due guerre balcaniche e una guerra civile, la “paura bulgara”
per i Pomaki in Grecia s’è rivelata più che altro infondata: i Pomaki
continuano a parlare una lingua di costituzione slava senza con ciò attentare
alla sovranità, alla sicurezza e alla nazionalità ellenica.
Non così invece per la “paura turca”:
sembrerebbe ora addirittura che nessuna paura del genere porti preoccupazioni
allo stato e al governo greco, visto che la stessa Grecia – sicuramente, come
si usa dire, “dàndosi la zappa sui piedi” – per ben due volte, nel 1951 e 1968,
ha acconsentito acchè nell’interno della minoranza musulmana in Tracia
occidentale, ossia proprio entro i propri più critici confini statali,
l’istruzione possa essere impartita esclusivamente in lingua turca (sia pure
con l’obbligo di apprendimento di un po’ di greco!) arbitrariamente privilegiando i turcofoni a danno dei Pomaki e dei Romà, che non sono
turchi, nè vogliono imparare il turco! Il che altro non ha fatto che rinforzare
e legittimare presso le istanze statali turche la volontà di omogeneizzare la comunità musulmana in Tracia con l’obbiettivo, non tanto celato, di
trasformarla in grande comunità nazionale
turca!, un salto di qualità non indifferente, attraverso due penetranti cunei
di azione: la voluta obliterazione di ogni altra diversa unità etnica(chiaramente:
i Pomaki e i Romà) nel corpo di un turchismo generale e propedeuticamente lo
“smaltimento” dell’islamismo di ogni altra diversa unità entica nel
crogiolo-base dell’islamismo panturco. Una vera e propria spina turca nel
fianco ellenico.
Così, l’incuria politica fino ai primi anni
‘804 ebbe modo di provocare, a carico della popolazione pomaka, il
catastrofico obbligo di adozione, in quanto gente di fede musulmana, della
lingua turca(intesa come unica lingua dell’Islam!) a scapito della
lingua greca producendo l’assurdità, unica su scala mondiale, di un popolo di
cittadinanza greca e religione musulmana, ma di lingua artificiosamente turca,
anzichè rispettivamente pomaka e romanì come storia e cultura testimoniano.
Certamente la mancanza sino a qualche
decennio fa di forme scritte della lingua pomaka(slava), per gran parte da
attribuirsi all’ostracismo imposto da varie autorità greche, locali e centrali
senza dimenticare però anche il mirato intervento di tutti gli ambienti turchi
attivi in Tracia, rese possibile e più facile la “castratura linguistica” della
società pomaka in Grecia.
Solo nel corso degli anni ’80, pertanto,
una certa “liberalizzazione” del sistema politico in Grecia permise ai Pomaki
di porre, e di porsi, per la prima volta il quesito della propria identità
etnica e linguistica, sopra tutto in antagonismo con lo spirito turcocratico
intensamente stimolato dal consolato turco a Komotinì e da varie adiacenti
associazioni d’interessi turco-musulmani.
Gli accordi e protocolli greco-turchi del
1951 e 1968 vennero messi in discussione e contestati (e lo sono tuttora!) con
una serie di ragionamenti e sillogismi di puntuale attualità:
a) ai Pomaki
è imposto di imparare il greco e il turco nelle scuole “minoritarie”. Premesso
che il greco è la lingua del luogo di residenza e di cittadinanza e quindi va
comunque appreso, i Pomaki si chiedono perchè debbano imparare anche il turco malgrado che essi non si
sentano turchi e per legge greca sono considerati greci e non turchi?
b) perchè in
territorio pomako i mezzi di comunicazione di massa non si riferiscono mai alla
lingua, cultura e civiltà pomake, ma danno ampio spazio solo a ciò che è turco?
c) perchè vi
sono programmi radiofonici oltre che naturalmente in greco, anche in turco, ma non in pomako, e questo neppure nell’ambito della vasta zona di
precipua abitazione pomaka? Perchè i Pomaki vengono considerati turchi quando
non lo sono?
d) nell’importante
settore giudiziario-processuale perchè vi sono interpreti/traduttori per i
turcofoni che ignorano il greco e non vi sono invece per i Pomaki, anche
laddove questi costituiscono la maggioranza etnica?
e) perchè
l’intervento turco ha potuto, consenzienti le superiori autorità scolastiche
greche(!), annullare l’intenzione e il progetto di inserire nei libri di
insegnamento del greco alle minoranze in Tracia anche terminologie pomake in considerazione della nutrita presenza
di tale etnìa nella regione?
Certamente altre domande ancora vengono
poste in questa direzione e rimangono senza risposta.
Solo verso la fine del 1900 (precisamente
nel 1997) la popolazione pomaka ebbe modo di acquisire nella pratica quotidiana
e coltivare titoli di identità etnica estrinsecatisi poi in organizzazioni
associative, manifestazioni culturali, edizioni linguistiche, creazioni
radiofoniche, trattenimenti musicali. La fondazione del Centro di Studi Pomaki
a Komotinì pose le basi per la “proiezione”, almeno in Grecia, dell’entità
pomaka con la sua storia, la sua particolarità razziale, le sue componenti
culturali.
Con tutto ciò, mentre presso le radio
private la musica pomaka viene adesso correntemente trasmessa, la radiofonia
statale ripetutamente ha rifiutato di mandare in onda canzoni pomake. Il fatto
che tali brani musicali utilizzino testi di una lingua fondamentalmente e
acusticamente slava sembra che continui tuttora a costituire insormontabile
fattore proibente.
Sempre a Komotinì è stato pubblicato un
libro di lettura in lingua pomaka per alunni della prima classe elementare,
smentendo così le asserzioni ministeriali greche secondo cui “non esiste
materiale didattico” per l’insegnamento del pomako nelle scuole, il che
evidentemente significa una pura e semplice mancanza di volontà politica dello
stato ellenico nell’affrontare gli obblighi scolastici pomaki nelle loro reali
dimensioni e termini.
Attualmente, dopo non poche edizioni di
testi in lingua pomaka, risulta essere prevalsa una forma arricchita
dell’alfabeto latino nella espressione scritta del pomako, evitando così pericolose
affinità cirilliche prossime alle grafie bulgara e serba. D’altra parte, degna
di rilievo appare l’opera del Centro Culturale di Sviluppo con sede a Xanthi,
promotore di una serie di pubblicazioni per l’insegnamento della lingua pomaka
destinate ai docenti greci in servizio nelle cittadine pomake (Πομακοχώρια) interessati all’apprendimento della lingua della
popolazione locale.
L’islamizzazione dei Pomaki
La popolazione pomaka non è stata da sempre
musulmana. Il Cristianesimo fu la sua originaria fede religiosa nelle regioni
pomake dei due versanti, a nord e a sud, della catena montuosa di Rodòpi.
L’islamizzazione in quella regione
settentrionale della Grecia si estende nel tempo praticamente dal XIV fino al
XVII secolo. Dopo il 1371 bande di irregolari turchi “conquistatori”(γαζής, gasìs, pl.γαζήδες, gasìdes) provenienti da oriente oltrepassano il fiume Strimònas
devastando ogni cosa al loro passaggio e vessando oltremodo le popolazioni
cristiane locali, preludio all’invasione vera e propria turco-mongola dei Juruki, pure da oriente, la quale,
iniziata dopo il 1385 sotto il sultanato di Murat I, proseguì poi con il
sultano Vajazit I con l’occupazione dell’intera striscia montuosa da Kavàla a
Serres, a settentrione del lago di Langadàs.
Praticamente quindi la prima conversione
collettiva all’Islam avvenne in Macedonia centrale a seguito delle
insopportabili pressioni esercitate appunto dai Juruki sui cristiani, condotti alla totale disperazione nel clima
di violenza e terrore instaurato in città e campagne. E indiscutibile fulcro
nel processo di islamizzazione costituì la milizia dei Jenìtseri (Yeni Çeri = giovane esercito), in italiano Giannizzeri, creato dal sultano Orchan
(1327-1360) con il preciso compito e dovere di premere le genti cristiane tanto
da costringerle a rinnegare la propria fede per non subire distruzioni, torture
e morte.
Così
la fase iniziale della violenta islamizzazione aveva luogo con l’obbligo dei
genitori di ragazzi cristiani di “cederli” ai servizi militari turchi presso i
quali veniva loro imprtita la più stretta e capillare educazione ottomana,
teorica e pratica, tanto da trasformarli nella più temuta, fanatica milizia
turca, appunto i famigerati Giannizzeri.
Uguale trattamento subivano anche i giovani cristiani caduti prigionieri,
anch’essi inquadrati, dopo un opportuno “allenamento”, nel corpo dei
Giannizzeri, un corpo di soldati il cui organico inizialmente composto da un
migliaio di unità, con il passar degli anni crebbe a dismisura: circa 13.000
durante il sultanato di Murat II (1421-1451), 48.000 durante Murat
III(1573-1595), 70.000 sotto Mustafà II (1695-1702), 80.000 con Ahmet III
(1702-1730), 110.000 sotto Selim III(1789-1808), addirittura 140.000 con il
sultano Mahmut II nel 1826.
S’è detto poco sopra dell’obbligo di
“cessione” dei ragazzi maschi ai servizi di leva turchi. In sostanza si
trattava di un vero e proprio ratto elevato a sistema. La prima “raccolta” di
giovani cristiani avvenne sotto Murat I (1360-1389), nei secoli successivi
divenne metodica prassi, si direbbe d’obbligo, sopra tutto sotto Selim
I(1512-1520) e Suleiman I(1520-1566). Da allora la “raccolta” era fissata ogni
cinque anni, ma successivamente scese ad ogni biennio e perfino ogni anno, a
seconda delle esigenze militari. Nel XV secolo quando fruirono di esenzione
dalla “raccolta” gli ebrei e gli armeni, l’intero peso della “operazione” cadde
sui soli cristiani. Soltanto i cristiani residenti a Costantinopoli e all’isola
di Rodi non venivano “arruolati”.
Per quanto concerne le popolazioni montane
dei Pomaki, la loro islamizzazione iniziò nel XVI secolo sotto la spinta
dell’esercito turco. Una prima fase si concluse nel XVI secolo, durante il
sultanato di Selim I, mentre la seconda fase ebbe luogo nella seconda metà del
XVII secolo, sotto Mahmud IV(1648-1687). Sembra comunque che durante la prima
fase l’adesione all’Islam sia stata assai mediocre. L’islamizzazione collettiva
avvenne invece nel ‘600, a quanto pare sotto l’assillo della sopravvivenza, sia
pure nella sola zona pomaka a nord dei monti di Rodopi, in territorio bulgaro,
ove si consideri la realtà dei fatti narrata nei Codici della Metropoli di Filippùpolis (oggi: Plovdiv) e confermata
dallo slavòlogo ceco Konstantin Josef Jireček: intorno al 1650 i maggiorenti
pomaki chiesero alle autorità turche di voler aderire all’Islam malgrado
l’intervento dissuasivo dell’arcivescovo di Filippùpolis, Gavriìl (1636-1672). Sembrerebbe
che i motivi di sopravvivenza addotti dai maggiorenti attenessero non tanto a
pressioni religiose ottomane quanto alla generalizzata oppressione etnica esercitata
dall’elemento bulgaro locale, sì che l’islamizzazione ottenuta equivaleva
propriamente ad un “ombrello” di protezione dalle vessazioni bulgare. La
solenne cerimonia della circoncisione dei maggiorenti significò la conversione
di tutti gli abitanti pomaki della regione all’Islam.
Non così invece accadde in territorio
pomako greco a sud di Rodopi con molta probabilità a causa della resistenza di
quei pomaki cristiani: qualche anno più tardi, nel 1656, l’attacco di forze
militari turche condusse alla violenta islamizzazione dei maggiorenti pomaki e
degli altri abitanti. Lo sradicamento del cristianesimo in territorio pomako
portò alla distruzione di 218 chiese e di 336 cappelle. Ancor oggi ne sono
visibili le rovine. In ogni modo, non sempre l’islamizzazione ebbe esito
positivo, volontario o coatto. Molti Pomaki scelsero la morte, di solito
precipitando da qualche dirupo (non dimentichiamo che gli originari Pomaki
erano montanari): alcuni luoghi di sacrificio sono il Momtsi Kamen presso la cittadina di Orèon, la Cima Marina presso Eòra, il Tserven
Kamen a Màndena, il Gulem Kamen a
Glàfki, tutte località intorno al capoluogo di provincia Xanthi.
Storia
Se, da una parte, le popolazioni pomake
sono, nella loro maggioranza, di fede musulmana (oggigiorno ormai risultano
indifferenti e ininfluenti le modalità di tale islamizzazione), non è
possibile, dall’altra, passare sotto silenzio una realtà notevolmente
rilevante: l’aspirazione e la volontà dei Pomaki, sin dal XIX secolo, di essere
incorporati in uno stato greco, di farne parte integrante, rifiutando nel
contempo, almeno fino al primo ventennio del XX secolo(1920 – dopo la prima
guerra mondiale) qualsiasi appartenenza alla Bulgaria.
Già ai primi del 1878, durante la guerra
tra Russia e Turchia in diverse regioni greche, specie nel nord del Paese
(Macedonia, Epiro), ma anche nel centro (Tessaglia) e nel sud insulare (Creta) si
verificarono moti insurrezionali contro il dominio ottomano. Anche i Pomaki,
montanari di Rodopi, si sollevarono nell’intenzione di forzare e prevenire una
loro futura unione con la Grecia. La sommossa non fu coronata da successo, frustrata dalle
previsioni del Trattato di Santo Stefano per le quali tutta quella regione pomaka era destinata a far
parte della Grande Bulgaria.
Non rimase loro che trincerarsi dietro una
reazione di autodipendenza bloccando tutti i passi sulla catena di Rodopi e
istituendo una Autonoma Repubblica Pomaka comprendente 21 paesi, in ciò
ispirati e indotti sopra tutto dalla Gran Bretagna i cui interessi non potevano
tollerare una eventuale espansione russa nel sud del settore balcanico. La
Repubblica fungeva ben da diga protettiva.
Purtroppo la vita di questa Repubblica ebbe
termine nel settembre 1885, quando la regione della Rumelia Orientale fu
annessa alla Bulgaria e quei Pomaki rimasero ingabbiati e definitivamente
incorporati nello stato bulgaro.
Anche nel 1919 i Pomaki e i turcofoni della
Tracia Occidentale5 in una petizione al parlamento bulgaro ebbero a
chiedere di essere liberati dal dominio bulgaro, postulando nel contempo
dapprima l’occupazione interalleata della Tracia e la sua successiva
“concessione” alla giurisdizione ellenica. La richiesta rimase senza
sostanziale esito. Fu ripetuta dopo la fine della seconda guerra mondiale,
nella Conferenza di Pace a Parigi nel 1946, mentre un formale appello al
Consiglio di Sicurezza dell’ONU fu presentato, insieme a paralleli passi presso
il Ministero degli Esteri degli USA, con l’istanza di liberazione dalla potestà
bulgara e l’inserimento nella regione pomaka greca mediante referendum.
Una simile soluzione avrebbe significato altresì
e sopra tutto la concessione vera e propria alla Grecia di un cospicuo
territorio bulgaro a nord di Rodopi, cosa che nell’”economia” dei piani delle
“Grandi Potenze” era escluso che potesse trovar accoglimento. Infatti, per
ulteriore sfortuna dei Pomaki bulgari, l’iniziativa fu del tutto ignorata,
“superata” dalle risultanze della precedente Conferenza di Yalta, in
Crimea(febbraio 1944) che “distribuì” le “zone di influenza” in Europa tra gli
allora alleati Occidentali e Orientali!
Andando a ritroso, comunque, merita pur un
breve cenno la rivolta pomaka nell’agosto 1913, potenzialmente promettente dopo
l’occupazione di tre importanti centri urbani in Bulgaria(Kossùkavak, Mastanlì
e Kàrzali) e di altrettanti in Tracia greca, ma sotto occupazione
bulgara(Komotinì, Xanthi e Alessandropoli) e l’istituzione ufficiale, il 1o
settembre 1913, della Amministrazione
Provvisoria della Tracia Occidentale. Sia la Grecia, però, che il governo
ottomano ignorando del tutto gli insorti Pomaki, ne decretarono la sconfitta e
la resa di tutta la regione all’esercito bulgaro intervenuto indisturbato il 30
ottobre 1913.
Non bisogna dimenticare che negli anni
1912-1913, che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale e durante i
quali si svolse la prima guerra balcanica, la politica bulgara in tutta la zona
abitata da Pomaki musulmani era incentrata nel duplice sforzo di rendere di
nuovo cristiane quelle popolazioni islamizzate e altresì bulgarizzarle a tutti
i costi. A tale scopo numerose cerimonie di battesimo di gruppo venivano
organizzate durante le quali alla riacquisizione della fede cristiana veniva
aggiunto il cambio del nome musulmano in un nome bulgaro secondo la legge e la
chiesa bulgara.
I Pomaki e la Grecia
In linea generale l’atteggiamento ufficiale
dei governi greci nei confronti dei Pomaki è stato in ogni tempo discriminatorio
e negativo, senza particolari manifesti motivi, mentre nell’interscambio
rapportuale con e tra Pomaki e turchi, la bilancia del favore pende addirittura
– si direbbe contro natura e contro ogni logica – dalla parte turca lasciando
la parte pomaka in una permanente situazione di stallo politico, culturale e
confessionale.
Appare chiaramente la (non dichiarata)
volontà ellenica non solo di abbandonare la gente pomaka, ma anche di rendere
sempre più facile la sua caduta nel soffocante abbraccio assimilante della
Turchia (e ciò addirittura entro i confini nazionali greci!!) che si presenta,
indubbiamente in modo del tutto interessato, come il “naturale protettore” dei
musulmani dovunque essi si trovino e a più forte ragione in Grecia e perfino
quando non si tratta di turcofoni ma chiaramente di altre, del tutto diverse etnie!
Entro tale prospettiva di particolare
importanza e conseguenza è stata la decisione del governo greco sin dal 1954 di
far cambiare la denominazione delle scuole musulmane
in scuole turche(!) con l’asserzione,
evidentemente cervellottica, che in tale modo veniva posta una esplicita
distinzione dalle scuole musulmane in Bulgaria!!
Un anno
dopo, nel 1955, ed a completamento dell’intenzione greca di formalizzare una “contiguità”
(indipendentemente dall’esser questa fittizia e artefatta) tra alfabeto pomako
e alfabeto turco, venne disposto un programma di conferenze per i maestri
elementari pomaki al fine della adozione nell’alfabeto pomako dei caratteri grafici latini utilizzati nell’attuale alfabeto
turco.
È palese, da quanto precede, la preferenza
greca verso i pur atavici nemici turchi, ma di orientamento politico affine,
anzichè verso i bulgari – e i Pomaki vengono senza troppe sottigliezze
assimilati ai bulgari – anch’essi tradizionali nemici, ma di orientamento
politico avverso (comunista o comunque di sinistra): nessun governo greco,
infatti, avrebbe potuto agire diversamente tenuto conto che tutti i governi
greci dalla fine della guerra civile (1949) in poi e fino al 1982 erano fedeli
seguaci della più stretta ideologia della destra conservatrice e perfino
dittatoriale, di ispirazione e impulso angloamericani, dogmaticamenmte ostili
al contrapposto blocco sovietico-comunista.
Nel 1995, ancora sulla base di un accordo
greco-turco, e in considerazione del fatto che, malgrado tutte le pressioni
greche l’alfabetizzazione latina della lingua pomaka non sembrava aver dato i
frutti sperati, il ministero ellenico della pubblica istruzione ordinò
l’organizzazione di apposite conferenze in Tracia occidentale per prescrivere
ai maestri pomaki l’adozione della grafia latina, alla stregua della grafia
turca. Un altro manifesto indicatore del favore che continuava ad essere
concesso dalle stesse, massime autorità pedagogiche greche alla lingua turca
nella sua forma latina istituita da
Mustafà Kemal a evidente danno della lingua originaria dei Pomaki.
È appena il caso di ricordare, andando un
attimo a ritroso nel 1973, come l’introduzione dell’alfabeto latino e della
lingua turca nelle scuole pomake coincise con la visita in Tracia occidentale dell’allora
ambasciatore turco ad Atene, Ghiurùm.
Peraltro, e a conferma – se ve ne fosse
bisogno – del trattamento per lo meno iniquo riservato dalla Grecia ai Pomaki,
oltre naturalmente al noto ostracismo alla loro lingua, risulta la limitazione
territoriale e l’isolamento che gli stessi furono costretti a subìre fino al 1996,
quasi una segregazione individuale e collettiva in piena fine del XX secolo nel
Paese europeo culla della democrazia, tale da sembrare incredibile e in ogni
modo ampiamente inammissibile e intollerabile: il semplice accesso alla regione
delle cittadine pomake nel comprensorio di Xanthi oltre a non essere libero,
era altresì incanalato in una ben definita direzione stradale chiusa da una
sbarra (in greco, la famigerata μπάρα), una specie di posto di frontiera nell’interno stesso del territorio
greco (!) per superare il quale era obbligatoria l’esibizione di un documento
personale e del permesso di accedervi fornito dalla Direzione della Polizia di
Xanthi! Un vero e proprio apartheid imposto dal governo greco ai Pomaki musulmani
(ma anche cristiani), di lingua slava ma cittadini greci (sulla carta) per lo
stato civile.
Comportamenti del genere da parte ellenica,
non troppo lontani dall’essere specificati come reati, sono stati capaci di
produrre presso le popolazioni pomake fino agli ultimi 2-3 decenni, molteplici
reazioni e tendenze di adesione alla propaganda nazionalista neoturca e di
assenso alle lusinghe generosamente concretate in una serie di vantaggi e
utilità consentite ai turchi, ma non ai Pomaki stessi!
L’insegnamento scolastico
Un settore, nei rapporti greco-pomaki, in
cui l’atteggiamento delle autorità elleniche – da quelle ministeriali a quelle
prefettizie, comunali e di sicurezza – rivela, si direbbe, irrisolti pregiudizi
verso i Pomaki, ancora e tuttora ritenuti, per quanto strano e assurdo possa
ciò apparire, bensì cittadini greci, ma estranei al complessivo corpo nazionale
greco, e questo unicamente sulla base di indimostrate (e mai discusse) problematiche politiche
e linguistiche e, in minor misura, confessionali6, è senza dubbio
quello dell’insegnamento scolastico.
Pregiudiziali agli sviluppi del discorso
che seguiranno, tre quesiti sono insistentemente posti e a tutt’oggi
regolarmente7 ignorati dalle competenti autorità elleniche:
1) fino a
quando gli alunni pomaki greci saranno obbligati a frequentare scuole
elementari minoritarie turcofone?
2) fino a
quando lo stato greco li costringerà ad imparare una lingua8 diversa
da quella della patria (Grecia) e diversa dalla loro lingua materna(pomaka)?
3) fino a
quando il ministro della P.I. continuerà a tacere di fronte alle istanze dei
Pomaki greci affinchè scuole pubbliche greche siano create nelle cittadine
pomake, anzichè scuole minoritarie bilingui che condannano i bambini pomaki
all’ignoranza?
Non c’è dubbio che la generale situazione
relativa all’istruzione pubblica elementare nella regione della Tracia
occidentale scaturisca (ancor oggi se ne sentono gli esiti) dalle risultanze e
dagli effetti della lunga Guerra Fredda seguita al 2o conflitto
mondiale, quando il solo fatto di appartenere al “blocco orientale” era, in un
paese come la Grecia, “dedicato” all’occidentalismo anglo-americano, primario
pretesto per procedere ad esclusioni e persecuzioni.
Nel contempo non bisogna dimenticare che in quegli anni di sguardi in cagnesco
tra vicini, in particolare nei Balcani, ciò che era slavo era comunista tout court, e i Pomaki, con sentimenti
filogreci ma di lingua slava non potevano certamente sfuggire a questa ferrea
regola.
Da allora data la prima penetrazione in
Grecia della lingua e cultura turca, ulteriormente poi rafforzata nell’ambito
del Patto Atlantico(NATO). Entro questa cornice ideologico-politica il problema
dei Pomaki musulmani non era certamente ammesso che potesse creare attriti con
un membro dell’Alleanza così importante per posizione geografica come la
Turchia il cui fine sin da allora consistette, e a tutt’oggi consiste, nella
trasformazione dell’elemento religioso
pomako in elemento eminentemente nazionale
turco, ossia nella considerazione che i Pomaki musulmani per il solo fatto
di essere musulmani dovevano essere
anche turchi e non greci.
L’obbligo di coesione natoica imponeva alla
Grecia di coltivare, perfino unilateralmente(!), un buon clima nei rapporti con
la Turchia, di non dare fastidio alla Turchia per “futili” questioni pomake,
anche se questo in realtà faceva comodo alla stessa Grecia per la quale i
Pomaki rappresentavano degli intrusi slavi, virtualmente pericolosi quale
possibile longa manus della Bulgaria,
e pertanto era sentita la necessità di isolarli e lasciare che di essi se ne
occupasse la Turchia assumendosene il loro “gravame etnico”.
In questa direzione procede quindi, nel
1954, l’ordine proveniente dal capo del governo greco, maresciallo Papagos, di
utilizzare a tutti i livelli pubblici e privati “da ora in poi e in ogni caso
il termine turco anzichè il termine musulmano e...sostituire in tutta la
regione le svariate denominazioni come Comunità
musulmana, Scuola musulmana, ecc.
con Comunità turca, Scuola turca, ecc.!
In sostanza, già da allora, sessanta anni
fa, la Grecia diventava succube delle mire turche, comunque già dal 1951 in
parte realizzate nella pratica quotidiana se si tiene conto del fatto che a
seguito dell’Accordo Culturale greco-turco del 20.4.1951 e sebbene questo non
prevedesse affatto che la lingua turca dovesse essere la lingua ufficiale della
minoranza musulmana in Tracia occidentale, nella prassi e tacitamente il
governo greco assentì all’espansione nelle scuole minoritarie della lingua
turca e addirittura accettò acchè il relativo programma didattico da seguire
provenisse dal Ministero turco della pubblica istruzione!
Un ampliamento ancora in favore della parte
turca avvenne poi con il Protocollo Culturale scambiato tra i due Paesi il
20.12.1968 in base al quale venne raggiunta la completa turchizzazione
dell’istruzione minoritaria in Tracia, una turchizzazione che coinvolse bensì
il 50% turcofono della minoranza, ma anche – per quanto assurdo e ingiusto
possa ciò risultare – l’estraneo rimanente 50% composto da 35% di Pomaki e 15%
di Romà.
Tutto questo con le benedizioni del governo
ellenico e senza mai chiedere a questo secondo 50% se desiderasse o no (se si
sentisse o no di) appartenere al mondo turco! In tal modo viene introdotta la
lingua turca quale unica lingua
minoritaria benchè costituisca lingua madre solo del 50% della minoranza,
del tutto ignorando l’esistenza e i diritti delle altre due lingue minoritarie
che con quella turca non hanno nulla a che vedere, anzi arbitrariamente e completamente comprimendole con l’evidente
fine di eliminarle lasciando il “monopolio” alla minoranza linguistica
turcofona.
La scuola minoritaria
A livello elementare le scuole minoritarie9
istituite dal governo greco all’attenzione delle minoranze in Tracia appaiono,
visti i risultati raggiunti, del tutto insufficienti e inidonee per un
programma di istruzione di buon contenuto.
Il grave handicap di tali scuole sta nell’aver fissato quale lingua
minoritaria per tutti – turcofoni, Pomaki, Romà – appunto la lingua turca,
insegnata insieme ad una rattoppata lingua greca. Donde la loro denominazione
di scuole bilingui.
Chiaramente si tratta di un indirizzo
didattico del tutto deficiente e addirittura pericoloso, giacchè presso i
turcofoni produce intense tendenze all’autoesclusione e trinceramento dietro ad
irrisolte, si direbbe irridentistiche istanze etniche, mentre i Pomaki e i Romà
– stabili e tipici abitanti della regione - sono destinati ad incontrare
insuperabili difficoltà nella successiva istruzione secondaria greca a causa
dello scadente e incompleto insegnamento in lingua greca ricevuto, inadatto al
proseguimento di studi a livello superiore. Ne risulta, in questo caso, una non
rara ghettizzazione sociale i cui risvolti non possono che essere deleteri per
Pomaki e Romà, incoraggianti invece e favorevoli per la politica turca in
Tracia nella prospettiva che Pomaki e Romà non trovando sbocchi di sviluppo e
progresso in ambito greco per le ragioni or ora cennate, cedano facilmente alle
(unica alternativa!) lusinghiere proposte e offerte turche.
Non senza ragione è stato affermato che le
scuole minoritarie “condannano alla semignoranza, chiudono gli orizzonti conoscitivi
degli alunni...aggiungono fanatismo, detraggono cognizioni, moltiplicano la
confusione, creano i “noi” e gli “altri”, aggiungono ideologie kemaliste,
tolgono il pensiero critico”.10
Nel 1996 fu presentato il Programma di
istruzione dei bambini musulmani denominato “Frangudaki-Dragona”, dai nomi dei
due promotori, nel quale compare l’assurdità dell’utilizzazione della lingua
turca come esclusiva lingua d’appoggio nell’apprendimento della lingua greca!
Complementare è stata l’edizione di dizionari bilingue greco-turchi e
l’organizzazione di seminari di lingua turca per gli insegnanti greci!
Decisamente il colmo del paradosso in
questa metodologia assolutamente antiscientifica e antiellenica che dal medesimo stato greco parrebbe
appositamente dedicata alla
turchizzazione delle scuole greche in Tracia.
In tutta obbiettività, nondimeno, non può
non riscontrarsi la piena inefficacia di simili “programmi” il cui accoglimento
da parte dell’elemento non turcofono sembra sia stato del tutto negativo
evidenziando l’inconsistenza pratica e teorica di fondo della stessa struttura
di base, ossia la c.d. “scuola minoritaria”. Il fallimento di questa, da più
parti ormai assodata, fa sì che la più sensata decisione da parte greca sarebbe
quella di:
a) istituire
in tutta la regione pomaka scuole elementari statali greche nelle quali
accogliere gli alunni Pomaki che sentono di essere greci (e sono molti);
b) in tali scuole elementari creare consistenti
corsi per l’insegnamento della lingua materna agli alunni Pomaki e Romà quali
lingue complementari.
L’insegnamento del turco valga solo per i
musulmani turcofoni, quale lingua complementare alla lingua greca, prima lingua
dappertutto ovviamente in Grecia, anche per in turcofoni musulmani che pur
sempre sono di nazionalità greca. A nessun livello scolastico, invece, va
insegnata la lingua turca ai Pomaki greci di madrelingua pomaka che rifiutano
il turco.
c) applicare
una istruzione prescolastica in lingua greca nelle scuole materne statali da
creare in tutta la regione pomaka;
d) fare
immediatamente funzionare le quattro scuole statali elementari greche,
istituite sin dal 2007 ma mai sinora funzionanti;
e) per i
pomaki greci non turcofoni, eliminare la lingua turca a livello elementare e
stabilire l’insegnamento della lingua pomaka(vedi b);
f)
rispettare e applicare le previsioni della Convenzione di Losanna in merito al carattere musulmano della minoranza
pomaka in Grecia e non nazionale turco;
g) insegnare
la lingua pomaka sulla base di un alfabeto speciale greco da utilizzare altresì
nelle amministrazioni pubbliche in tutta la regione pomaka (come l’italiano-francese
in Val d’Aosta e l’italiano-tedesco nell’Alto Adige, in Italia).
Tutto ciò naturalmente in applicazione
delle raccomandazioni della International
Convention on the Elimination of all Forms of Racial Discrimination dell’ONU in data 28.8.2009, secondo cui “La
Commissione prende nota che la comunità musulmana della Tracia occidentale è
composta dai gruppi etnici dei Turchi, dei Pomaki e dei Romà e il governo
[greco] deve assicurare il loro diritto ad usare le loro lingue”, in ciò
ribadendo l’art. 41 della stessa Convenzione di Losanna.
A questo proposito dunque se per i
musulmani turcofoni nulla quaestio,
visto che la lingua turca viene più che ampiamente (certamente più del normale)
insegnata e diffusa, non così succede per i musulmani pomakofoni e romà le cui
lingue, pomaka e romanì, non esistono in nessuna scuola!
Al paragrafo 28 infine della stessa
raccomandazione viene richiesto al governo greco di applicarne gli esiti entro
il 18 luglio 2013.11
A questo punto ed in connessione con quanto
precede, non sarebbe ozioso precisare alcuni parametri non meno importanti
nella generale tematica dell’istruzione primaria in Tracia. Non vi è alcun
dubbio che nelle scuole minoritarie così come sono attualmente strutturate
viene “costruita” una vera e propria identità
turca ad uso e consumo del governo di Ankara. È vero pertanto che nelle
medesime scuole non poche manifestazioni di stile kemalista vengono attuate
ispirando negli alunni musulmani sentimenti di fanatismo religioso verso i
cristiani. Malgrado tutto, prosegue il funzionamento anticostituzionale delle
scuole minoritarie nelle quali lo stesso elemento greco-pomako viene discriminato.
Peraltro, le scuole minoritarie sono chiaramente illegali in quanto, giusta gli
accordi internazionali e la legislazione istitutiva, si tratterrebbe di scuole
a carattere privato il cui funzionamento deve essere ovviamente a carico di
coloro che vi mandano i figli: in realtà, invece, tutte le spese scolastiche
vengono sostenute dallo stato ellenico e sono quindi a completo carico del
contribuente greco, ma a totale favore della politica turca!
Il consolato turco a Komotinì
Prima
di concludere la presente panoramica sul popolo dei Pomaki in cerca di un ubi consistam, in pratica di un
legittimo riconoscimento della sua qualità di greco-pomako, non sarà
inopportuno soffermarsi brevemente sulla presenza e attività del consolato turco
a Komotinì i cui “interventi” spesso e volentieri vanno ben oltre i limiti
previsti dall’ordinamento consolare internazionale.
Sia per quanto concerne la politica
seguita dal governo greco in Tracia occidentale, sia in relazione alla condotta
di organismi statali e privati turchi nella medesima regione, vale la pena,
crediamo, conoscere lo stato di cose vigente nello spazio dei pomakochòria(πομακοχώρια), paesi pomaki, seguendo le testimonianze scritte degli
stessi Pomaki interessati nella loro diretta, annosa esperienza a contatto con
una realtà, a quanto sembra, spesso
davvero poco piacevole.
È assai recente12 la denuncia
di circa 40 insegnanti di religione musulmana nella Prefettura di Rodopi(che
con la Prefettura di Xanthi costituiscono la “regione pomaka” greca), con la
quale rilevanti particolari della illegale attività consolare turca a Komotinì
vengono resi pubblici al fine di provocare finalmente qualche reazione opposta
di provenienza ellenica.13 I contenuti della denuncia possono così
riassumersi.
Nel 2007 il Parlamento greco votò la legge 3536 con la quale lo stato
si assumeva l’onere della retribuzione di 240 Imam da nominare in servizio nelle 3 legittime e ufficiali
cirscoscrizioni-sedi di Muftì in
Tracia e per la durata di 9 mesi ogni anno. La legge nella pratica risulta
ancora, dopo ben sette anni, inattiva a
seguito di rabbiose e violente, e a quanto pare determinanti reazioni di parte
turca: i candidati greci musulmani alla nomina a Imam secondo legge greca non solo non sono stati nominati, ma subiscono
attacchi personali e familiari ad opera di noti alle autorità greche facinorosi
circoli turco musulmani. E l’unica risposta a tale inadempienza è stata la
sentenza n. 50/2012 della Corte d’Assise della Tracia con la quale semplicemente
si fa obbligo al ministero ellenico di risarcire finanziariamente gli Imam nominati secondo legge greca ma non
assunti!14 Una pronuncia che, limitata all’utilitaristico fatto
materiale, ignora il precipuo diritto alle funzioni per legge spettanti ai
candidati.
In tal modo il principio legale secondo
cui la minoranza in Tracia ha carattere religioso e non etnico, così come
peraltro prevede la Costituzione greca e le convenzioni internazionali
(Trattato di Losanna, sempre in vigore) risulta del tutto vanificato.
È
evidente che di fronte all’intraprendente influsso del consolato turco, che
certamente possiede autorevoli “agganci” pro-musulmani nel Parlamento greco,
come si vedrà di seguito, perfino una legge dello Stato greco non trova
l’attesa, giusta applicazione! In tal modo oggi in Tracia non presta servizio
nessun Imam di nomina ministeriale
greca. E, cosa ancor più assurda e inammissibile per la sovranità di uno stato
(nella fattispecie, quello ellenico!), gli Imam
attualmente “in servizio”sono quelli “nominati” dal consolato turco (cioè,
dal governo turco) evidentemente senza alcuna autorizzazione da parte greca!
Non sapremmo dire in quale stato che non sia fantoccio intrusioni del genere potrebbero essere
tollerate!
E come se ciò non fosse sufficiente,
l’attività del consolato turco a Komotinì15 si estende, oltre che in azioni di propaganda,
anche in atti di provocazione e minacce personali contro chiunque si opponga o,
addirittura, appena non appoggi la sua attività.
È assai recente l’intervento di
parlamentari di varia tendenza politica al fine dell’approvazione di un
emendamento alla legge predetta che possa condurre alla nomina dei maestri
mancanti. Ma allora ci si chiede: la legge ha bisogno di emendamenti per essere
applicata?
Quanto precede solo parzialmente chiarisce
la quantità del potere parallelo e illegale che la rappresentanza consolare
turca esplica in Tracia occidentale accanto al legittimo, ma fantomatico potere
statale ellenico e con l’ equivoca acquiescenza di quest’ultimo, senza mezzi
termini, nella maggioranza dei casi, superato e sostituito.
L’obbiettivo che la Turchia raggiunge è
doppio: che da una parte la minoranza pomaka non turcofona venga considerata e
trattata come etnicamente turca e dall’altra che i bambini della minoranza
stessa non solo non imparino bene il greco, ma vengano del tutto esclusi dalla
loro lingua materna pomaka! E là dove non arriva il potere statale ellenico
l’attività consolare turca crea una propria rete di istruzione istituendo proprie scuole materne bilingui in
violazione della legislazione greca!
Una denuncia di comportamenti illegali del
partito PASOK al governo così da “condurre” le autorità greche a “chiudere un
occhio” (anzi, tutt’e due) accogliendo le domande, redatte dal consolato turco, che guidano i genitori ad iscrivere i propri figli nelle materne
bilingui di creazione turca, ha svelato palesi ipotesi di ricatto politico
sopra tutto da parte di un deputato PASOK della circoscrizione di Rodopi nei
confronti del presidente del partito E. Venizelos. Precisi nei numeri i termini
del ricatto: 17.000 voti della minoranza da dare al partito SYRIZA
dell’opposizione se non viene “chiuso un occhio”!
Un degrado politico della prassi partitica
in trionfale esaltazione.
Il plesso di connivenza, ufficiale o/e
ufficiosa, spontanea o/e ricattatoria, delle due parti politico-amministrative
al potere in Tracia occidentale, Grecia e Turchia, per quanto innaturale possa
apparire ed essere, non pare suscettibile – purtroppo per i Pomaki – di essere presto
vinto ed eliminato. I consentimenti della parte greca, regolari e continui e
senza il minimo contraccambio, hanno di certo ispirato alla parte turca la
sensazione di poter gestire senza problemi essa sola, e proprio nello stesso
territorio greco e in barba alla pertinenza legislativa e giuridica greca, la
problematica pomaka a proprio vantaggio.
La politica turca di “acquisizione” a sé dell’etnia
pomaka oltre che basata sulla ormai penalmente rilevante assenza
amministrativa, giudiziaria e civile ellenica, trova ampia applicazione in
diversi programmi di assistenza e giovamento finanziario provenienti sia da
fonti private (ricchissimi turchi) sia da fonti innominate, di origine però
facilmente individuabile (lo stato turco).
Così, a puro titolo esemplificativo, ma
fortemente indicativo, il “creso” turco Omar Babà, imprenditore, offre per ogni
bambino che abbandona la scuola greca per studiare in una scuola coranica
privata(anche queste funzionanti in Tracia, mentre per analoghe scuole
confessionali ortodosse greche in Turchia, neanche da pensarci!) la somma di
500 euro al mese. Un’altra offerta di 1.000 euro all’anno viene proposta per
ogni ragazza minorenne che indosserà il tradizionale fazzolettone musulmano:
importo messo a disposizione “ufficiosamente” dal consolato turco. E poi, sono
anni ormai che vengono offerte delle antenne paraboliche per captare i segnali
di mezzi televisivi turchi principalmente nei paesi montani pomaki della Tracia
dove il segnale dei mezzi TV greci non è mai giunto o è insufficiente. Nel
centro di Komotinì, un moderno edificio di lusso ospita gli uffici
(enfaticamente grandiosi) della banca turca Ziraat Bank il cui compito è quello
di prestare ai soli musulmani e alle associazioni di interessi turchi danaro al
tasso del 3%, quando nelle banche greche il tasso ammonta al 14%.
Accanto a simili attività che, se non
altro, indicano una assai profonda penetrazione economico-sociale turca nel
tessuto delle minoranze musulmane, vanno poste non meno deleterie per i Pomaki
(e sono molti che si professano greci e tengono ad esserlo) pratiche
legislative e amministrative greche i cui risultati sono egualmente corrosivi
per la resistenza pomakan ale seduzioni turche.
Innanzi tutto la legge greca costringe il
bambino pomako (che, giova rammentare, non ha nessun rapporto con la cultura e
lingua turca) ad imparare, senza altra alternativa, sin dalla prima classe elementare
il turco e il greco. Nessuna possibilità viene offerta per l’apprendere il
pomako, la lingua materna. E se il greco, sia pure rabberciato e invalido, che
s’insegna nelle scuole minoritarie potrebbe in qualche modo apparire utile
vivendo in Grecia, il turco ci si chiede
(anche se il governo greco non sembra essersi mai posta la domanda) a cosa
possa servire appunto in territorio greco!
È certo che simili programmi didattici
hanno l’implicito scopo di istruire non alunni greci pomaki, ma alunni turchi
che molto probabilmente non rimarranno in Grecia, nè proseguiranno i propri
studi in Grecia, ma si trasferiranno in Turchia determinando lo sconvolgimento della sequenza
etnica pomaka nel tempo decisamente trasformata in nazionalità turca!
D’altra parte, l’insediamento in Tracia
occidentale di fanatici nuclei turco-musulmani nazionalisti è stata sommamente
facilitata dalla riforma comunale-amministrativa16 con una spesso
illogica “riorganizzazione funzionale” in accorpamenti comunali autonomi: ne è
risultata di fatto, e di non poca importanza, la creazione di quattro comuni
della circoscrizione di Komotinì, due dei quali guidati da sindaci turchi(!!)
al servizio del consolato turco, come è facile intuire.
Non si può infine non ricordare anche le
pericolose beghe politiche. I partiti (greci) con validi interessi elettorali nella
regione non hanno minimamente esitato a porre in testa alla loro lista candidati musulmani turcofoni appoggiati, se
non addirittura proposti, dal consolato turco. Risultato: due dei tre deputati
eletti nella Prefettura di Rodopi (Tracia occidentale) con capitale Komotinì
altri non sono se non gli “eletti” del consolato turco, con quanto possa
scaturire da simile evento.17
Concretamente dunque lo stato di fatto ora
in essere nei Pomakochòria è il
visibile e vistoso effetto di una pluridecennale latitanza statale ellenica ed
un corrispondente sopravvento dei disegni politici turchi – ovvero una
situazione che nessun stato “normale”, che rispetti se stesso, accetterebbe mai
che accada nel proprio territorio.18
Entro un simile quadro trovano la loro
logica, pur essendo decisamente inammissibili e inaccettabili, le dichiarazioni
fatte dai due deputati “consolari”, parlamentari greci(!), dopo la loro elezione: Tsetin Màndazi
(PASOK), non si peritò di affermare pubblicamente che “la comunità turca della
Tracia occidentale costituisce parte della grande nazione turca”, mentre Orchan
Chagiibrahim (Nuova Democrazia) più espressamente dichiarò che il suo ingresso
nel Parlamento (greco) sarà per difendere i diritti dei “turchi della
minoranza”.
In entrambi i casi non sfugga un
particolare della massima importanza: parlando di “comunità turca” i predetti –
come peraltro sostengono sia il consolato turco che il governo di Ankara – non
intendono riferirsi solo ai 60.000
musulmani turcofoni (opportunamente da anni “edotti” a considerarsi “turchi”),
ma comprendono altresì i 45.000 Pomaki musulmani e i 15.000 Romà pure
musulmani, tutti “sulle carte” cittadini greci!
Alla luce di quanto precede, ci si chiede
– e sarebbe bene che si chiedessero anche tutti i cittadini europei – cosa
accadrebbe nella Comunità Europea se per caso la Turchia dovesse entrar a farvi
parte, con i milioni di turchi ivi residenti e con la politica ufficiale turca
di voler porre sotto la propria “protezione” non soltanto tutti i turchi all’estero,
ma anche tutti i non turchi, ma musulmani, nel rivendicato presupposto che la
Turchia sia il naturale paladino di tutti i seguaci dell’Islam. Un particolare,
non superficiale, che quasi tutti ignorano in Europa.19
La maggior parte della comunità
pomaka ha sempre voluto e chiesto di essere considerata greca di professione
musulmana, fedele alle leggi greche – e come tale trattata. Ha sempre chiesto
di far frequentare ai propri figli le vere e proprie scuole greche e non quelle c.d. minoritarie, in commistione con i turcofoni greci, ma fondamentalmente
turchi per convinzione, con i quali non sente di avere nulla in comune, come in
effetti, per nascita lingua e cultura, è. Ha sempre chiesto di fruire degli
stessi diritti dei turcofoni musulmani. Sono addirittura frequenti i casi di
false dichiarazioni di residenza fornite alle direzioni didattiche di Xanthi e
Komotinì allo scopo di poter iscrivere e far seguire in queste città ai propri
figli i corsi delle scuole greche anche se ciò significhi dover fare ogni
giorno chilometri di strada.
Per tutto ciò, e malgrado la sopracitata.
precisa esortazione/ammonizione del Comitato Internazionale per l’eliminazione
di ogni forma di discriminazione razziale dell’ONU (28.8.2009),20
nessun governo ellenico – apparentemente in nome di una più che precaria (come
dimostràtasi nei fatti) amicizia greco-turca “coltivata” con incomprensibile,
strana ostinazione – ha mai aderito alle richieste dei Pomaki proseguendo nel
loro “declassamento” non solo giuridicamente illegale, ma altresì politicamente
errato e pericoloso e socialmente ingiusto e anacronistico, oltre che
palesemente discriminante. In tutta sincerità, non se ne vedono le ragioni. E
di certo appare poco plausibile che ancor oggi, nel 2014, presso questi governi
ellenici non solo della destra-conservatrice, ma anche sedicenti
socialisti-progressisti, a distanza di circa mezzo secolo dalla fine della
“guerra fredda”, possano proseguire pratiche ideologiche di quella lontana mentalità
e psicosi nel considerare la “natura” della minoranza pomaka.
Un radicale mutamento di rotta non solo è
augurabile, ma si impone, non foss’altro che per sanare una infinita
ingiustizia etnica, sociale e civile. Insomma, un vero atto di giustizia e di
equità per una popolazione che non aspetta altro.21
N O T E
1) Sopra
tutto per quanto in prosieguo verrà esposto, vale la pena di precisare che i
Pomaki di stanza in Bulgaria e Turchia sono stati completamente assorbiti dalle
rispettive popolazioni locali e inseriti nelle corrispondenti nazionalità. I
Pomaki in Grecia, invece, teoricamente costituiscono una minoranza etnica
straniera, malgrado le ripetute istanze, nel passato ed attualmente, di
integrazione nel tessuto nazionale greco e malgrado che, anche ufficialmente(!)
– e questo è il particolare connotato di assurdità – siano considerati
cittadini greci, al pari di tutti gli altri musulmani della regione(turcofoni,
Romà). I Pomaki in Albania e FYROM non compongono in pratica validi ed
influenti aggruppamenti socio-nazionali. Da notare, infine, nell’Enciclopedia
Garzanti – Universale, XIX ed. 1976, la acritica e superficiale definizione dei
Pomaki come “bulgari di religione musulmana...abitano la regione del Ròdope” –
una generalizzazione per lo meno grossolana.
2) Hamdi
Omer, Relazione al congresso
internazionale per le lingue minoritarie
presso l’Organismo Mercator, Paesi Bassi, 23/25.11.2004.
3) op. cit.
4) In realtà
e in verità proseguita fino ad oggi, come apparirà nella lettura appresso.
5) Dopo la
seconda guerra balcanica (1913), la Tracia occidentale era stata totalmente
occupata dai Bulgari.
6) Da tener
presente che i Pomaki, pur essendo di fede islamica, non hanno mai attuato
manifestazioni di ostilità verso la popolazione maggioritaria ortodossa greca.
7) E, a
nostro parere, ricusati con arroganza e stolidezza.
8) La lingua
turca!
9) La
filosofia e la prassi delle scuole minoritarie derivano dal dettato del Decreto
Legislativo 1109/25.1.72.
10) N.
Kokkas, L’istruzione minoritaria e la
teoria del prezzo politico, in sito http://pomakohoria.blogspot.gr/,
24.9.2010.
11) A quanto
ci risulta, nulla sembra essere stato applicato sinora.
12)
Messaggio internet odeg@otenet.gr del
21.12.2012 da Paparodopoulos Nikos a Hellenic-Professors-Phds@Hec.greece.org
13) A quanto
consta, a tutt’oggi nessuna reazione greca al riguardo è stata registrata.
14) Ci si
sarebbe aspettati che ordinasse invece l’immediata assunzione degli stessi e
inizio di attività!
15) Per
strano che possa apparire, questo consolato ha la propria sede in una città
(Komotinì) dove la minoranza musulmana è piuttosto limitata, e non a Xanthi
nella cui provincia si trovano quasi tutti i centri musulmani turchi e pomaki.
16) Con il
nome di Kallikràtis(Callicrate:
architetto ateniese che nel V sec. a.C. insieme a Ictino costruì il Partenone).
17) Per
maggiori informazioni, v. sito www.zagalisa.gr Peraltro, non bisogna perdere di vista la
circostanza che l’intera popolazione minoritaria in Tracia occidentale
(pomakòfoni, turcòfoni e romà) la legislazione greca considera costituita
unicamente da cittadini greci di religione musulmana.
18) Quot.
Kiriakàtiki Eleftherotipìa(Stampa Libera della Domenica), 8.3.2009. I predetti
due deputati sono tuttora membri dell’attuale Parlamento greco.
19) Senza
contare l’innarrestabile invasione di turchi in cerca di miglior fortuna che
avrebbe luogo in tutti i paesi comunitari, legittimata dalle norme sulla libera
circolazione dei cittadini entro i confini dell’Unione.
20) v. anche
Pro-memoria sull’istruzione dei Pomaki in Tracia inviato il 3.3.2010 dalla
Associazione Culturale dei Pomaki di Xanthi ai ministri greci della P.I. A.
Diamandopùlu e degli Esteri J. Papandreu, in citato sito http://pomakohoria.blogspot.gr/
del 5.9.2010.
21) È
recentissima l’informazione della istallazione – finalmente! – dei primi 23 insegnanti coranici(Imam) in scuole
statali elementari greche a norma della citata legge 3536/2007, sinora rimasta inoperante. È da vedersi
adesso quando avverrà la nomina dei rimanenti candidati.
Το άρθρο έχει επίσης δημοσιευτεί στον ιστότοπο των Ιταλών συγγραφέων, στη διεύθυνση:
I POMAKI
http://www.retididedalus.it/Archivi/2014/novembre/METICCIA/1_viluppi.htm
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