Δευτέρα 30 Ιουνίου 2014

I POMAKI: UN POPOLO IN CERCA D’AUTORE di Crescenzio Sangiglio «Οι Πομάκοι: ένας λαός ζητά συγγραφέα» (άρθρο στα ιταλικά)

Με ιδιαίτερη χαρά λάβαμε από τον  κύριο Crescenzio Sangiglio την εργασία του για τους Πομάκους, την οποία και δημοσιεύουμε παρακάτω.

                                                       ΠΕΡΙΛΗΨΗ ΣΤΑ ΕΛΛΗΝΙΚΑ

«Οι Πομάκοι: ένας λαός ζητά συγγραφέα» 
του Crescenzio Sangiglio

     Με τίτλο «Οι Πομάκοι: ένας λαός ζητά συγγραφέα» το κείμενο που δημοσιεύεται στο ιταλικό περιοδικό «Φερμέντι» πραγματεύεται την «υπόθεση Πομάκοι», μια δημογραφική, πολιτική, πολιτισμική και θρησκευτική κατάσταση στην οποία έπαιξαν, δυστυχώς και επί το πλείστον μονομερώς, και συνεχίζουν να παίζουν βασικό ρόλο οι σχέσεις Ελλάδας-Τουρκίας όπου, όπως αντικειμενικά δείχνουν όλα τα γεγονότα, η θέση της Ελλάδας είναι, θα έλεγε κανείς, εγκληματικά παθητική και καθοριστικά φοβισμένη ενάντια σε μια Τουρκία με εντονότατη επιθετικότητα όχι μόνο γενικά στις πολιτικές επιπτώσεις, αλλά προπάντων «στοχευμένη» στην ημερήσια πραγματικότητα των μουσουλμανικών μειονοτήτων ιδίως στους νομούς της Ξάνθης και Ροδόπης (τουρκόφωνοι, Πομάκοι, Ρομά).
     Και είναι ακριβώς αυτός ο χώρος στον οποίο οι πλείονες Πομάκοι και Ρομά αποδεδειγμένα βιώνουν, εξαιτίας ακριβώς της απουσίας, ή αν θέλετε της λανθασμένης και κακής παρουσίας, της Ελλάδας – φαντάζει σίγουρα σαν ένα είδος εθνικής αυτοχειρίας που ως τώρα, απ’ ό, τι φαίνεται, διόλου δεν απασχολεί τις κρατικές και περιφερειακές ελληνικές εξουσίες – ανυπέρβλητες δυσκολίες υλικές και πνευματικές, εθνολογικές και γλωσσολογικές πολιτισμικές και διδακτικές σε όλα τα επίπεδα της πεζής καθημερινής ζωής και κατ’ επέκταση  της υπαρξιακής εξέλιξης.
     Είναι ένα κείμενο-αναδρομή στη καταγωγή των Πομάκων (προέλευση, όνομα, θρησκεία, πολιτισμός)  με μια όσο το δυνατόν εκτεταμένη αναφορά στις σχέσεις τους με την Ελλάδα και στην πολιτική που αυτή ακολουθεί σε ό, τι αφορά τους ίδιους από τα μέσα του 20ού αιώνα έως σήμερα, με ιδιαίτερη μνεία στο δύσκολο πρόβλημα της εκπαίδευσης από το δημοτικό και μετά όπως επίσης και στο πραγματικά φλέγον ζήτημα – που η ελληνική πολιτεία δεν θέλει να αντιμετωπίσει και λύσει – των ποικίλων, συχνά αυθαίρετων, αντιδεοντολογικών και εκτός κάθε προξενικής δικαιοδοσίας ενεργειών του τουρκικού Προξενείου στη Κομοτηνή, αποτέλεσμα των οποίων είναι η εδραίωσή του σαν ξένο κράτος μέσα σε ένα ανύπαρκτο ελληνικό κράτος.
     Δεν υπάρχουν στο κείμενο αναλυτικές αναφορές στη διασύνδεση του θέματος των Πομάκων με τα διεθνή φόρα. Είναι μια θεματολογία πρόσφορη για μια μελλοντική μελέτη με βάση συγκεκριμένες αποφάσεις, παραινέσεις και επιβολές από διεθνείς θεσμικές οργανώσεις.


Ακολουθεί το ιταλικό κείμενο:
                 
I POMAKI: UN POPOLO IN CERCA D’AUTORE


       di  Crescenzio Sangiglio



      Nella regione dove si erge la catena montuosa di Rodòpi (Ròdope) occupando la parte centro-occidentale della penisola balcanica, a sud della Romania e della Serbia e a cavallo tra Bulgaria e Grecia, si trova stabilita la popolazione dei Pomaki, sparsa tra Bulgaria e Grecia, in prevalenza, e, in molto minor misura, nella Tracia orientale(Turchia), nella FYROM e in Albania.
     Secondo il censimento del 1991, i Pomaki sono complessivamente circa 350.000 dei quali circa 45.000 in Grecia, circa 290.000 in Bulgaria e i rimanenti stanziati negli altri tre paesi succitati. La maggioranza dei Pomaki, sopra tutto in Grecia, è di fede musulmana, mentre in Bulgaria non pochi di loro negli ultimi due secoli hanno subito la coatta bulgarizzazione e cristianizzazione in collettivi battesimi e cambi dei nomi. Nella zona del fiume Evros(Maritza, in bulgaro), confine greco-turco, ad est di Rodopi risulta stanziata la setta dei Pomaki Kisìlbassis, eretici musulmani con inspegabili consuetudini cristiane e lingua slava infarcita di termini greci antichi.
     In sostanza la presenza dei Pomaki si estende in una vasta regione che, dalla zona a sud di Filippòpoli(bulg. Plovdiv) giunge, scavalcando la catena di Rodòpi, sino ad una fascia da nord-ovest di Xanthi fino al limite orientale costituito appunto dal fiume Evros.

Le origini

    Le origini della gente dei Pomaki cambiano a seconda che ci si riferisca agli abitanti in Grecia, Bulgaria, Turchia, Albania e FYROM. Ove si eccettuino questi ultimi due Paesi dove la percentuale pomaka è del tutto irrilevante sia dal punto di vista politico che sociale, vere e proprie teorie sull’origine dei Pomaki vengono sostenute con maggior o minor tasso di convinzione storica e plausibilità in Grecia, Bulgaria e Turchia.1
Grecia. – Secondo gli studiosi, i Pomaki sono discendenti degli antichi Agriàni, una popolazione trace di particolare valentia guerriera, convivente con le adiacenti genti elleniche, poi slavizzata dopo la disccesa degli Slavi in Grecia nei secoli VII-VIII d.C. e successivamente in prevalenza islamizzata durante il dominio ottomano nei secoli XV-XVII.
Bulgaria. – Appartenenti invece al ceppo razziale bulgaro vengono considerati i Pomaki da parte degli etnologi bulgari: più precisamente sarebbero stati in origine bulgari slavi cristiani poi convertiti alla religione musulmana, una parte di propria volontà, un’altra sotto l’effetto di atti di violenza. Una seconda teoria invece ritiene che i Pomaki cristiani bulgari abbiano in blocco abbracciato l’Islam per puri e semplici interessi economici: in quanto musulmani le tasse erano quasi nulle o almeno facilmente sostenibili, mentre in quanto cristiani l’imposizione tributaria era particolarmente gravosa. Da tener presente, infine, che i Pomaki in Bulgaria sono bulgari a tutti gli effetti e pertanto non vengono considerati minoranza.
Turchia. – Nell’ottica degli storici turchi i Pomaki altro non sono che l’antica razza dei Turchi Kumani stabilìtisi nella regione prima della conquista ottomana. La lingua slava che parlano è quella appresa a seguito dei secolari contatti con le limitrofe genti slave.
Varia. – L’origine dei Pomaki, infine, è diversamente orientata nell’ex repubblica federativa popolare jugoslava di Macedonia(FYROM), secondo cui si tratta di Slavi macedoni(?!) costretti a convertirsi all’Islam, e nelle prospettive di altre teorie senza paternità nazionale, più o meno fantasiose: si tratta di una razza ignota, non locale oppure di discendenti dagli Arabi oppure addirittura di discendenti di Maometto venuti nella regione per diffondere l’Islam!
     Ai fini della certezza delle origini pomake sono stati perfino eseguiti assai estesi esami del DNA in Grecia e in Bulgaria, i primi per dimostrare la ellenicità dei Pomaki, i secondo la loro natura bulgara. Le risultanze sono state ovviamente in vario modo contestate dall’una e dall’altra parte interessata.

Il termine “Pomaki”

     In greco: Πομάκοι, in bulgaro: Помаци, in turco: pomaklar – una denominazione avvolta, ancor più che l’origine, nella più completa incertezza terminologica ed etimologica. Oltremodo poi abbondano le ipotesi. È illuminante una breve panoramica.
     In ambito bulgaro, si presume che il termine provenga dal verbo slavo pomoči, aiutare, in quanto i Pomaki erano coloro che assistevano, che servivano gli altri. Una seconda interpretazione fa discendere il termine dal bulgaro mak oppure pomagast, ossia tormentato, servo degli altri, sottoposto, privo di propria entità. Un’altra spiegazione viene proposta con la parola bulgara paturnjak, cioè “colui che è diventato turco”.
    Secondo, invece, una “versione” turca, il termine “pomako” deriverebbe dal turco çomak, bastone, manganello, mentre il punto di vista greco vi scorge una discendenza dal greco antico απόμαχος, riferendosi alla formidabile cavalleria di Alessandro il Grande costituita appunto da combattenti di origine pomaka, gli antichi Agriani. Infine un’altra interpretazione greca individua nel termine “pomako” il significato di πόμαξ (πότης), ovvero bevitore, conformemente all’accertata abitudine dei Traci a indulgere in abbondanti libagioni, ciò che gli attuali Pomaki non esitano a considerare offensivo e falso, mentre essi stessi, al contrario, non esitano a designarsi come Αχριάν (Achriàn), nel senso di Αγριάνες, Agriani, stirpe della Tracia antica, montanari e rudi abitanti nella parte centro-ovest dei monti di Rodopi, nell’antichità noti anche come Αγραίοι (Agrèi) e Αγριείς (Agriìs).
    A nostro parere quest’ultima derivazione razziale sembra essere anche la più convincente e scientificamente possibile. Non si dimentichi peraltro che proprio entro tale cornice prospettica sin dal 1946 gli stessi Pomaki ebbero a chiedere all’ONU di venir considerati di chiara origine greca e, in quanto greci,  di voler appartenere alla Grecia stessa(a tal riguardo, v. infra i tentativi dei Pomaki in Bulgaria).

La lingua

    Fino alla fine del '900 la lingua dei Pomaki era priva di redazioni scritte, espressa sostanzialmente nella sola forma orale, al pari dei canti popolari. Solo nel 1996 nappare la prima pubblicazione concernente la lingua pomaka: un’opera in tre volumi edita a Thessaloniki(Salonicco) a cura del maestro elementare Petros Theocharidis, primo e tra i più importanti studiosi del popolo pomako e della sua cultura.
    I primi due volumi costituiscono il primo dizionario greco-pomako e pomako-greco, mentre il terzo espone la grammatica e sintassi della lingua pomaka.
    Il cospicuo inizio della presentazione pomaka produsse negli anni successivi e sino ad oggi una ricca messe di manuali di grammatica, favole pomake, giornali e riviste nonchè canzoni tradizionali in lingua pomaka.
    Chiaramente la lingua pomaka appartiene al ceppo slavo, non però nella struttura cirillica  bensì in quella latina e, attualmente in Grecia, trascritta in caratteri greci. Vi convivono elementi espressivi bulgari, serbi, greci, turchi e albanesi, evidentemente acquisiti nella diuturna familiarità e prossimità (e spesso anche promiscuità) con le corrispondenti nazioni. La lingua pomaka parlata nella parte est della Tracia occidentale appare aver subìto una più spiccata influenza della lingua turca, mentre quella parlata nella parte ovest rivela una assai intensa presenza linguistica greca, perfino di origine antica oltre che di reminiscenze traci.
    Le analogie che riflettono precisi influssi ellenici si riscontrano principalmente nelle due fondamentali categorie dei sostantivi e dei verbi, il che possibilmente testimonia una stirpe (gli Agriani) per molti versi a lungo inserita entro le prevalenti etnìe elleniche. D’altro lato, al contrario, palese e talora ossessiva è stata ed è l’intenzione e la volontà degli studiosi bulgari di far comparire il linguaggio pomako come immediato e diretto discendente dalla lingua bulgara e ciò quale prova della esclusiva appartenenza dei Pomaki al ceppo bulgaro. Ovviamente in questa tensione dialettica non si tiene alcun conto delle incongruenze, inesattezze e sproporzioni in cui cadono spesso le loro elaborazioni linguistiche.
    A proposito dell’”inesistenza scritta” della lingua pomaka, solo da un ventennio positivamente superata, giova spendere alcune considerazioni illustrative e orientative quale comprova peraltro della “situazione etnica” nella quale si è venuto a trovare il popolo pomako fino ai tempi più recenti.
    Ragioni sociali e ragioni politiche sono state individuate2 come spiegazione di tale inesistenza. Il punto di partenza sta nel fatto che l’uomo pomako sin gli ultimi anni ’80 del 1900 viveva quasi isolato sulle pendici della catena montuosa di Rodopi, poco propenso a contatti con la circostante evoluzione urbana della società. Socialmente, pertanto, il Pomako, fors’anche a motivo della “propria psicosintesi e della coltivata immagine di sé”, si era circondato da una annosa, cosciente arretratezza sociale, accentuata da ineludibili ristrettezze economiche nell’isolamento ambientale montano nel quale viveva e dal quale temeva di allontanarsi e perdersi(perdendo la propria identità) nelle (più) progredite, non lontane società vallive.
    Ne è conseguita la diffusione nella più ampia regione della Tracia di una, più o meno sincera e/o interessata, “fama” di ignoranza e inconsistenza etnica dei Pomaki, scaduti e dileggiati quali prototipi di insipienza, inettitudine e inciviltà. Dentro questo coacervo di negatività stirpale anche il pratico meccanismo di comunicazione, la lingua pomaka, veniva coinvolta in una devastante critica di degradazione e avvilimento. Parellela ne era altresì l’umiliazione della stessa identità etnica pomaka, una gente acriticamente ritenuta “socialmente arretrata, economicamente inferiore, civilmente inesistente”.3
    Il fatto poi che la lingua suonasse in “modo slavo” non pochi sospetti creava in una zone di confine come la Grecia del Nord, da Thessaloniki al fiume Evros, dove le mire bulgare e jugoslave di sbocco sul mar Egeo troppe minacce e collisioni avevano prodotto in ambiente greco, sia governativo che della pubblica opinione,  per non propalare nei confronti degli slavofoni Pomaki (anche se gli stessi sostanzialmente innocenti e non coinvolti di propria volontà) sentimenti di avversione e diffidenza.
    La lingua ne subiva il contraccolpo impersonalizzandosi in una continua solitudine ideologica che escludeva qualsiasi possibilità di riconoscimento topografico.
    Al fattore sociale si aggiungeva poi anche quello politico sin dai primi anni del XX secolo. Di solito la Grecia è appartenuta, e apparteneva, ad un blocco politico opposto e ostile a quello dei limitrofi Paesi slavi al nord, Jugoslavia e sopra tutto Bulgaria, sì che le popolazioni pomake slavofone come erano (e sono) e situate nello spartiacque dei due blocchi politico-militari (NATO e Patto di Varsavia), non potevano che essere inquadrate entro una inestricabile rete di riserve, sospetti e mai provate ragioni discriminanti.
    L’essere, infine, i Pomaki di fede musulmana non faceva che peggiorare il riscontro della loro presenza in territorio greco giungendo fino a produrre il sistematico impedimento, in ogni eventualità, di rendere scritta la loro espressione linguistica: pertanto, l’orientamento religioso implicitamente, ma spesso anche in maniera apertamente esplicita, veniva comunque interconnesso con ogni risultanza proveniente dalla Turchia, storicamente nemica della grecità.
    In entrambe le situazioni la Grecia riteneva di avere motivi più che validi per cercar di neutralizzare la presenza dell’elemento pomako minimizzandolo al massimo: timore di sentimenti filobulgari, da una parte, e timore di esaltazioni musulmane, dall’altra, costituirono, e costituiscono (crediamo) fin nel più recente passato, la bilancia critica del trattamento riservato dallo stato greco ai Pomaki. In ultima analisi, attualmente, dopo gli effetti di due guerre mondiali, due guerre balcaniche e una guerra civile, la “paura bulgara” per i Pomaki in Grecia s’è rivelata più che altro infondata: i Pomaki continuano a parlare una lingua di costituzione slava senza con ciò attentare alla sovranità, alla sicurezza e alla nazionalità ellenica.
    Non così invece per la “paura turca”: sembrerebbe ora addirittura che nessuna paura del genere porti preoccupazioni allo stato e al governo greco, visto che la stessa Grecia – sicuramente, come si usa dire, “dàndosi la zappa sui piedi” – per ben due volte, nel 1951 e 1968, ha acconsentito acchè nell’interno della minoranza musulmana in Tracia occidentale, ossia proprio entro i propri più critici confini statali, l’istruzione possa essere impartita esclusivamente in lingua turca (sia pure con l’obbligo di apprendimento di un po’ di greco!) arbitrariamente privilegiando i turcofoni a danno dei Pomaki e dei Romà, che non sono turchi, nè vogliono imparare il turco! Il che altro non ha fatto che rinforzare e legittimare presso le istanze statali turche la volontà di omogeneizzare la comunità musulmana in Tracia con l’obbiettivo, non tanto celato, di trasformarla in grande comunità nazionale turca!, un salto di qualità non indifferente, attraverso due penetranti cunei di azione: la voluta obliterazione di ogni altra diversa unità etnica(chiaramente: i Pomaki e i Romà) nel corpo di un turchismo generale e propedeuticamente lo “smaltimento” dell’islamismo di ogni altra diversa unità entica nel crogiolo-base dell’islamismo panturco. Una vera e propria spina turca nel fianco ellenico.
    Così, l’incuria politica fino ai primi anni ‘804 ebbe modo di provocare, a carico della popolazione pomaka, il catastrofico obbligo di adozione, in quanto gente di fede musulmana, della lingua turca(intesa come unica lingua dell’Islam!) a scapito della lingua greca producendo l’assurdità, unica su scala mondiale, di un popolo di cittadinanza greca e religione musulmana, ma di lingua artificiosamente turca, anzichè rispettivamente pomaka e romanì come storia e cultura testimoniano.
    Certamente la mancanza sino a qualche decennio fa di forme scritte della lingua pomaka(slava), per gran parte da attribuirsi all’ostracismo imposto da varie autorità greche, locali e centrali senza dimenticare però anche il mirato intervento di tutti gli ambienti turchi attivi in Tracia, rese possibile e più facile la “castratura linguistica” della società pomaka in Grecia.
    Solo nel corso degli anni ’80, pertanto, una certa “liberalizzazione” del sistema politico in Grecia permise ai Pomaki di porre, e di porsi, per la prima volta il quesito della propria identità etnica e linguistica, sopra tutto in antagonismo con lo spirito turcocratico intensamente stimolato dal consolato turco a Komotinì e da varie adiacenti associazioni d’interessi turco-musulmani.
    Gli accordi e protocolli greco-turchi del 1951 e 1968 vennero messi in discussione e contestati (e lo sono tuttora!) con una serie di ragionamenti e sillogismi di puntuale attualità:
a) ai Pomaki è imposto di imparare il greco e il turco nelle scuole “minoritarie”. Premesso che il greco è la lingua del luogo di residenza e di cittadinanza e quindi va comunque appreso, i Pomaki si chiedono perchè debbano imparare anche il turco malgrado che essi non si sentano turchi e per legge greca sono considerati greci e non turchi?
b) perchè in territorio pomako i mezzi di comunicazione di massa non si riferiscono mai alla lingua, cultura e civiltà pomake, ma danno ampio spazio solo a ciò che è turco?
c) perchè vi sono programmi radiofonici oltre che naturalmente in greco, anche in turco, ma non in pomako, e questo neppure nell’ambito della vasta zona di precipua abitazione pomaka? Perchè i Pomaki vengono considerati turchi quando non lo sono?
d) nell’importante settore giudiziario-processuale perchè vi sono interpreti/traduttori per i turcofoni che ignorano il greco e non vi sono invece per i Pomaki, anche laddove questi costituiscono la maggioranza etnica?
e) perchè l’intervento turco ha potuto, consenzienti le superiori autorità scolastiche greche(!), annullare l’intenzione e il progetto di inserire nei libri di insegnamento del greco alle minoranze in Tracia anche terminologie pomake in considerazione della nutrita presenza di tale etnìa nella regione?
    Certamente altre domande ancora vengono poste in questa direzione e rimangono senza risposta.
    Solo verso la fine del 1900 (precisamente nel 1997) la popolazione pomaka ebbe modo di acquisire nella pratica quotidiana e coltivare titoli di identità etnica estrinsecatisi poi in organizzazioni associative, manifestazioni culturali, edizioni linguistiche, creazioni radiofoniche, trattenimenti musicali. La fondazione del Centro di Studi Pomaki a Komotinì pose le basi per la “proiezione”, almeno in Grecia, dell’entità pomaka con la sua storia, la sua particolarità razziale, le sue componenti culturali.
    Con tutto ciò, mentre presso le radio private la musica pomaka viene adesso correntemente trasmessa, la radiofonia statale ripetutamente ha rifiutato di mandare in onda canzoni pomake. Il fatto che tali brani musicali utilizzino testi di una lingua fondamentalmente e acusticamente slava sembra che continui tuttora a costituire insormontabile fattore proibente.
    Sempre a Komotinì è stato pubblicato un libro di lettura in lingua pomaka per alunni della prima classe elementare, smentendo così le asserzioni ministeriali greche secondo cui “non esiste materiale didattico” per l’insegnamento del pomako nelle scuole, il che evidentemente significa una pura e semplice mancanza di volontà politica dello stato ellenico nell’affrontare gli obblighi scolastici pomaki nelle loro reali dimensioni  e termini.
     Attualmente, dopo non poche edizioni di testi in lingua pomaka, risulta essere prevalsa una forma arricchita dell’alfabeto latino nella espressione scritta del pomako, evitando così pericolose affinità cirilliche prossime alle grafie bulgara e serba. D’altra parte, degna di rilievo appare l’opera del Centro Culturale di Sviluppo con sede a Xanthi, promotore di una serie di pubblicazioni per l’insegnamento della lingua pomaka destinate ai docenti greci in servizio nelle cittadine pomake (Πομακοχώρια) interessati all’apprendimento della lingua della popolazione locale.

L’islamizzazione dei Pomaki

    La popolazione pomaka non è stata da sempre musulmana. Il Cristianesimo fu la sua originaria fede religiosa nelle regioni pomake dei due versanti, a nord e a sud, della catena montuosa di Rodòpi.
    L’islamizzazione in quella regione settentrionale della Grecia si estende nel tempo praticamente dal XIV fino al XVII secolo. Dopo il 1371 bande di irregolari turchi “conquistatori”(γαζής, gasìs, pl.γαζήδες, gasìdes) provenienti da oriente oltrepassano il fiume Strimònas devastando ogni cosa al loro passaggio e vessando oltremodo le popolazioni cristiane locali, preludio all’invasione vera e propria turco-mongola dei Juruki, pure da oriente, la quale, iniziata dopo il 1385 sotto il sultanato di Murat I, proseguì poi con il sultano Vajazit I con l’occupazione dell’intera striscia montuosa da Kavàla a Serres, a settentrione del lago di Langadàs.
    Praticamente quindi la prima conversione collettiva all’Islam avvenne in Macedonia centrale a seguito delle insopportabili pressioni esercitate appunto dai Juruki sui cristiani, condotti alla totale disperazione nel clima di violenza e terrore instaurato in città e campagne. E indiscutibile fulcro nel processo di islamizzazione costituì la milizia dei Jenìtseri (Yeni Çeri = giovane esercito), in italiano Giannizzeri, creato dal sultano Orchan (1327-1360) con il preciso compito e dovere di premere le genti cristiane tanto da costringerle a rinnegare la propria fede per non subire distruzioni, torture e morte.
    Così la fase iniziale della violenta islamizzazione aveva luogo con l’obbligo dei genitori di ragazzi cristiani di “cederli” ai servizi militari turchi presso i quali veniva loro imprtita la più stretta e capillare educazione ottomana, teorica e pratica, tanto da trasformarli nella più temuta, fanatica milizia turca, appunto i famigerati Giannizzeri. Uguale trattamento subivano anche i giovani cristiani caduti prigionieri, anch’essi inquadrati, dopo un opportuno “allenamento”, nel corpo dei Giannizzeri, un corpo di soldati il cui organico inizialmente composto da un migliaio di unità, con il passar degli anni crebbe a dismisura: circa 13.000 durante il sultanato di Murat II (1421-1451), 48.000 durante Murat III(1573-1595), 70.000 sotto Mustafà II (1695-1702), 80.000 con Ahmet III (1702-1730), 110.000 sotto Selim III(1789-1808), addirittura 140.000 con il sultano Mahmut II nel 1826.
    S’è detto poco sopra dell’obbligo di “cessione” dei ragazzi maschi ai servizi di leva turchi. In sostanza si trattava di un vero e proprio ratto elevato a sistema. La prima “raccolta” di giovani cristiani avvenne sotto Murat I (1360-1389), nei secoli successivi divenne metodica prassi, si direbbe d’obbligo, sopra tutto sotto Selim I(1512-1520) e Suleiman I(1520-1566). Da allora la “raccolta” era fissata ogni cinque anni, ma successivamente scese ad ogni biennio e perfino ogni anno, a seconda delle esigenze militari. Nel XV secolo quando fruirono di esenzione dalla “raccolta” gli ebrei e gli armeni, l’intero peso della “operazione” cadde sui soli cristiani. Soltanto i cristiani residenti a Costantinopoli e all’isola di Rodi non venivano “arruolati”.
    Per quanto concerne le popolazioni montane dei Pomaki, la loro islamizzazione iniziò nel XVI secolo sotto la spinta dell’esercito turco. Una prima fase si concluse nel XVI secolo, durante il sultanato di Selim I, mentre la seconda fase ebbe luogo nella seconda metà del XVII secolo, sotto Mahmud IV(1648-1687). Sembra comunque che durante la prima fase l’adesione all’Islam sia stata assai mediocre. L’islamizzazione collettiva avvenne invece nel ‘600, a quanto pare sotto l’assillo della sopravvivenza, sia pure nella sola zona pomaka a nord dei monti di Rodopi, in territorio bulgaro, ove si consideri la realtà dei fatti narrata nei Codici della Metropoli di Filippùpolis (oggi: Plovdiv) e confermata dallo slavòlogo ceco Konstantin Josef Jireček: intorno al 1650 i maggiorenti pomaki chiesero alle autorità turche di voler aderire all’Islam malgrado l’intervento dissuasivo dell’arcivescovo di Filippùpolis, Gavriìl (1636-1672). Sembrerebbe che i motivi di sopravvivenza addotti dai maggiorenti attenessero non tanto a pressioni religiose ottomane quanto alla generalizzata oppressione etnica esercitata dall’elemento bulgaro locale, sì che l’islamizzazione ottenuta equivaleva propriamente ad un “ombrello” di protezione dalle vessazioni bulgare. La solenne cerimonia della circoncisione dei maggiorenti significò la conversione di tutti gli abitanti pomaki della regione all’Islam.
     Non così invece accadde in territorio pomako greco a sud di Rodopi con molta probabilità a causa della resistenza di quei pomaki cristiani: qualche anno più tardi, nel 1656, l’attacco di forze militari turche condusse alla violenta islamizzazione dei maggiorenti pomaki e degli altri abitanti. Lo sradicamento del cristianesimo in territorio pomako portò alla distruzione di 218 chiese e di 336 cappelle. Ancor oggi ne sono visibili le rovine. In ogni modo, non sempre l’islamizzazione ebbe esito positivo, volontario o coatto. Molti Pomaki scelsero la morte, di solito precipitando da qualche dirupo (non dimentichiamo che gli originari Pomaki erano montanari): alcuni luoghi di sacrificio sono il Momtsi Kamen presso la cittadina di Orèon, la Cima Marina presso Eòra, il Tserven Kamen a Màndena, il Gulem Kamen a Glàfki, tutte località intorno al capoluogo di provincia Xanthi.

Storia

    Se, da una parte, le popolazioni pomake sono, nella loro maggioranza, di fede musulmana (oggigiorno ormai risultano indifferenti e ininfluenti le modalità di tale islamizzazione), non è possibile, dall’altra, passare sotto silenzio una realtà notevolmente rilevante: l’aspirazione e la volontà dei Pomaki, sin dal XIX secolo, di essere incorporati in uno stato greco, di farne parte integrante, rifiutando nel contempo, almeno fino al primo ventennio del XX secolo(1920 – dopo la prima guerra mondiale) qualsiasi appartenenza alla Bulgaria.
    Già ai primi del 1878, durante la guerra tra Russia e Turchia in diverse regioni greche, specie nel nord del Paese (Macedonia, Epiro), ma anche nel centro (Tessaglia) e nel sud insulare (Creta) si verificarono moti insurrezionali contro il dominio ottomano. Anche i Pomaki, montanari di Rodopi, si sollevarono nell’intenzione di forzare e prevenire una loro futura unione con la Grecia. La sommossa  non fu coronata da successo, frustrata dalle previsioni del Trattato di Santo Stefano per le quali tutta  quella regione pomaka era destinata a far parte della Grande Bulgaria.
    Non rimase loro che trincerarsi dietro una reazione di autodipendenza bloccando tutti i passi sulla catena di Rodopi e istituendo una Autonoma Repubblica Pomaka comprendente 21 paesi, in ciò ispirati e indotti sopra tutto dalla Gran Bretagna i cui interessi non potevano tollerare una eventuale espansione russa nel sud del settore balcanico. La Repubblica fungeva ben da diga protettiva.
    Purtroppo la vita di questa Repubblica ebbe termine nel settembre 1885, quando la regione della Rumelia Orientale fu annessa alla Bulgaria e quei Pomaki rimasero ingabbiati e definitivamente incorporati nello stato bulgaro.
    Anche nel 1919 i Pomaki e i turcofoni della Tracia Occidentale5 in una petizione al parlamento bulgaro ebbero a chiedere di essere liberati dal dominio bulgaro, postulando nel contempo dapprima l’occupazione interalleata della Tracia e la sua successiva “concessione” alla giurisdizione ellenica. La richiesta rimase senza sostanziale esito. Fu ripetuta dopo la fine della seconda guerra mondiale, nella Conferenza di Pace a Parigi nel 1946, mentre un formale appello al Consiglio di Sicurezza dell’ONU fu presentato, insieme a paralleli passi presso il Ministero degli Esteri degli USA, con l’istanza di liberazione dalla potestà bulgara e l’inserimento nella regione pomaka greca mediante referendum.
    Una simile soluzione avrebbe significato altresì e sopra tutto la concessione vera e propria alla Grecia di un cospicuo territorio bulgaro a nord di Rodopi, cosa che nell’”economia” dei piani delle “Grandi Potenze” era escluso che potesse trovar accoglimento. Infatti, per ulteriore sfortuna dei Pomaki bulgari, l’iniziativa fu del tutto ignorata, “superata” dalle risultanze della precedente Conferenza di Yalta, in Crimea(febbraio 1944) che “distribuì” le “zone di influenza” in Europa tra gli allora alleati Occidentali e Orientali!
    Andando a ritroso, comunque, merita pur un breve cenno la rivolta pomaka nell’agosto 1913, potenzialmente promettente dopo l’occupazione di tre importanti centri urbani in Bulgaria(Kossùkavak, Mastanlì e Kàrzali) e di altrettanti in Tracia greca, ma sotto occupazione bulgara(Komotinì, Xanthi e Alessandropoli) e l’istituzione ufficiale, il 1o settembre 1913, della Amministrazione Provvisoria della Tracia Occidentale. Sia la Grecia, però, che il governo ottomano ignorando del tutto gli insorti Pomaki, ne decretarono la sconfitta e la resa di tutta la regione all’esercito bulgaro intervenuto indisturbato il 30 ottobre 1913.
    Non bisogna dimenticare che negli anni 1912-1913, che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale e durante i quali si svolse la prima guerra balcanica, la politica bulgara in tutta la zona abitata da Pomaki musulmani era incentrata nel duplice sforzo di rendere di nuovo cristiane quelle popolazioni islamizzate e altresì bulgarizzarle a tutti i costi. A tale scopo numerose cerimonie di battesimo di gruppo venivano organizzate durante le quali alla riacquisizione della fede cristiana veniva aggiunto il cambio del nome musulmano in un nome bulgaro secondo la legge e la chiesa bulgara.

I Pomaki e la Grecia

    In linea generale l’atteggiamento ufficiale dei governi greci nei confronti dei Pomaki è stato in ogni tempo discriminatorio e negativo, senza particolari manifesti motivi, mentre nell’interscambio rapportuale con e tra Pomaki e turchi, la bilancia del favore pende addirittura – si direbbe contro natura e contro ogni logica – dalla parte turca lasciando la parte pomaka in una permanente situazione di stallo politico, culturale e confessionale.
    Appare chiaramente la (non dichiarata) volontà ellenica non solo di abbandonare la gente pomaka, ma anche di rendere sempre più facile la sua caduta nel soffocante abbraccio assimilante della Turchia (e ciò addirittura entro i confini nazionali greci!!) che si presenta, indubbiamente in modo del tutto interessato, come il “naturale protettore” dei musulmani dovunque essi si trovino e a più forte ragione in Grecia e perfino quando non si tratta di turcofoni ma chiaramente di altre, del tutto diverse etnie!
    Entro tale prospettiva di particolare importanza e conseguenza è stata la decisione del governo greco sin dal 1954 di far cambiare la denominazione delle scuole musulmane in scuole turche(!) con l’asserzione, evidentemente cervellottica, che in tale modo veniva posta una esplicita distinzione dalle scuole musulmane in Bulgaria!!
Un anno dopo, nel 1955, ed a completamento dell’intenzione  greca di formalizzare una “contiguità” (indipendentemente dall’esser questa fittizia e artefatta) tra alfabeto pomako e alfabeto turco, venne disposto un programma di conferenze per i maestri elementari pomaki al fine della adozione nell’alfabeto pomako dei  caratteri grafici  latini utilizzati nell’attuale alfabeto turco.
    È palese, da quanto precede, la preferenza greca verso i pur atavici nemici turchi, ma di orientamento politico affine, anzichè verso i bulgari – e i Pomaki vengono senza troppe sottigliezze assimilati ai bulgari – anch’essi tradizionali nemici, ma di orientamento politico avverso (comunista o comunque di sinistra): nessun governo greco, infatti, avrebbe potuto agire diversamente tenuto conto che tutti i governi greci dalla fine della guerra civile (1949) in poi e fino al 1982 erano fedeli seguaci della più stretta ideologia della destra conservatrice e perfino dittatoriale, di ispirazione e impulso angloamericani, dogmaticamenmte ostili al contrapposto blocco sovietico-comunista.
    Nel 1995, ancora sulla base di un accordo greco-turco, e in considerazione del fatto che, malgrado tutte le pressioni greche l’alfabetizzazione latina della lingua pomaka non sembrava aver dato i frutti sperati, il ministero ellenico della pubblica istruzione ordinò l’organizzazione di apposite conferenze in Tracia occidentale per prescrivere ai maestri pomaki l’adozione della grafia latina, alla stregua della grafia turca. Un altro manifesto indicatore del favore che continuava ad essere concesso dalle stesse, massime autorità pedagogiche greche alla lingua turca nella sua forma latina istituita  da Mustafà Kemal a evidente danno della lingua originaria dei Pomaki.
    È appena il caso di ricordare, andando un attimo a ritroso nel 1973, come l’introduzione dell’alfabeto latino e della lingua turca nelle scuole pomake coincise con la visita in Tracia occidentale dell’allora ambasciatore turco ad Atene, Ghiurùm.
    Peraltro, e a conferma – se ve ne fosse bisogno – del trattamento per lo meno iniquo riservato dalla Grecia ai Pomaki, oltre naturalmente al noto ostracismo alla loro lingua, risulta la limitazione territoriale e l’isolamento che gli stessi furono costretti a subìre fino al 1996, quasi una segregazione individuale e collettiva in piena fine del XX secolo nel Paese europeo culla della democrazia, tale da sembrare incredibile e in ogni modo ampiamente inammissibile e intollerabile: il semplice accesso alla regione delle cittadine pomake nel comprensorio di Xanthi oltre a non essere libero, era altresì incanalato in una ben definita direzione stradale chiusa da una sbarra (in greco, la famigerata μπάρα), una specie di posto di frontiera nell’interno stesso del territorio greco (!) per superare il quale era obbligatoria l’esibizione di un documento personale e del permesso di accedervi fornito dalla Direzione della Polizia di Xanthi! Un vero e proprio apartheid  imposto dal governo greco ai Pomaki musulmani (ma anche cristiani), di lingua slava ma cittadini greci (sulla carta) per lo stato civile.
    Comportamenti del genere da parte ellenica, non troppo lontani dall’essere specificati come reati, sono stati capaci di produrre presso le popolazioni pomake fino agli ultimi 2-3 decenni, molteplici reazioni e tendenze di adesione alla propaganda nazionalista neoturca e di assenso alle lusinghe generosamente concretate in una serie di vantaggi e utilità consentite ai turchi, ma non ai Pomaki stessi!

L’insegnamento scolastico

     Un settore, nei rapporti greco-pomaki, in cui l’atteggiamento delle autorità elleniche – da quelle ministeriali a quelle prefettizie, comunali e di sicurezza – rivela, si direbbe, irrisolti pregiudizi verso i Pomaki, ancora e tuttora ritenuti, per quanto strano e assurdo possa ciò apparire, bensì cittadini greci, ma estranei al complessivo corpo nazionale greco, e questo unicamente sulla base di  indimostrate (e mai discusse) problematiche politiche e linguistiche e, in minor misura, confessionali6, è senza dubbio quello dell’insegnamento scolastico.
     Pregiudiziali agli sviluppi del discorso che seguiranno, tre quesiti sono insistentemente posti e a tutt’oggi regolarmente7 ignorati dalle competenti autorità elleniche:
1) fino a quando gli alunni pomaki greci saranno obbligati a frequentare scuole elementari minoritarie turcofone?
2) fino a quando lo stato greco li costringerà ad imparare una lingua8 diversa da quella della patria (Grecia) e diversa dalla loro lingua materna(pomaka)?
3) fino a quando il ministro della P.I. continuerà a tacere di fronte alle istanze dei Pomaki greci affinchè scuole pubbliche greche siano create nelle cittadine pomake, anzichè scuole minoritarie bilingui che condannano i bambini pomaki all’ignoranza?
    Non c’è dubbio che la generale situazione relativa all’istruzione pubblica elementare nella regione della Tracia occidentale scaturisca (ancor oggi se ne sentono gli esiti) dalle risultanze e dagli effetti della lunga Guerra Fredda seguita al 2o conflitto mondiale, quando il solo fatto di appartenere al “blocco orientale” era, in un paese come la Grecia, “dedicato” all’occidentalismo anglo-americano, primario pretesto per procedere ad  esclusioni e persecuzioni. Nel contempo non bisogna dimenticare che in quegli anni di sguardi in cagnesco tra vicini, in particolare nei Balcani, ciò che era slavo era comunista tout court, e i Pomaki, con sentimenti filogreci ma di lingua slava non potevano certamente sfuggire a questa ferrea regola.
     Da allora data la prima penetrazione in Grecia della lingua e cultura turca, ulteriormente poi rafforzata nell’ambito del Patto Atlantico(NATO). Entro questa cornice ideologico-politica il problema dei Pomaki musulmani non era certamente ammesso che potesse creare attriti con un membro dell’Alleanza così importante per posizione geografica come la Turchia il cui fine sin da allora consistette, e a tutt’oggi consiste, nella trasformazione dell’elemento religioso pomako in elemento eminentemente nazionale turco, ossia nella considerazione che i Pomaki musulmani per il solo fatto di essere musulmani dovevano essere anche turchi e non greci.
    L’obbligo di coesione natoica imponeva alla Grecia di coltivare, perfino unilateralmente(!), un buon clima nei rapporti con la Turchia, di non dare fastidio alla Turchia per “futili” questioni pomake, anche se questo in realtà faceva comodo alla stessa Grecia per la quale i Pomaki rappresentavano degli intrusi slavi, virtualmente pericolosi quale possibile longa manus della Bulgaria, e pertanto era sentita la necessità di isolarli e lasciare che di essi se ne occupasse la Turchia assumendosene il loro “gravame etnico”.
    In questa direzione procede quindi, nel 1954, l’ordine proveniente dal capo del governo greco, maresciallo Papagos, di utilizzare a tutti i livelli pubblici e privati “da ora in poi e in ogni caso il termine turco anzichè il termine musulmano e...sostituire in tutta la regione le svariate denominazioni come Comunità musulmana, Scuola musulmana, ecc. con Comunità turca, Scuola turca, ecc.!
    In sostanza, già da allora, sessanta anni fa, la Grecia diventava succube delle mire turche, comunque già dal 1951 in parte realizzate nella pratica quotidiana se si tiene conto del fatto che a seguito dell’Accordo Culturale greco-turco del 20.4.1951 e sebbene questo non prevedesse affatto che la lingua turca dovesse essere la lingua ufficiale della minoranza musulmana in Tracia occidentale, nella prassi e tacitamente il governo greco assentì all’espansione nelle scuole minoritarie della lingua turca e addirittura accettò acchè il relativo programma didattico da seguire provenisse dal Ministero turco della pubblica istruzione!
    Un ampliamento ancora in favore della parte turca avvenne poi con il Protocollo Culturale scambiato tra i due Paesi il 20.12.1968 in base al quale venne raggiunta la completa turchizzazione dell’istruzione minoritaria in Tracia, una turchizzazione che coinvolse bensì il 50% turcofono della minoranza, ma anche – per quanto assurdo e ingiusto possa ciò risultare – l’estraneo rimanente 50% composto da 35% di Pomaki e 15% di Romà.
    Tutto questo con le benedizioni del governo ellenico e senza mai chiedere a questo secondo 50% se desiderasse o no (se si sentisse o no di) appartenere al mondo turco! In tal modo viene introdotta la lingua turca quale unica lingua minoritaria benchè costituisca lingua madre solo del 50% della minoranza, del tutto ignorando l’esistenza e i diritti delle altre due lingue minoritarie che con quella turca non hanno nulla a che vedere, anzi arbitrariamente  e completamente comprimendole con l’evidente fine di eliminarle lasciando il “monopolio” alla minoranza linguistica turcofona.

La scuola minoritaria

    A livello elementare le scuole minoritarie9 istituite dal governo greco all’attenzione delle minoranze in Tracia appaiono, visti i risultati raggiunti, del tutto insufficienti e inidonee per un programma di istruzione di buon contenuto.
    Il grave handicap di tali scuole sta nell’aver fissato quale lingua minoritaria per tutti – turcofoni, Pomaki, Romà – appunto la lingua turca, insegnata insieme ad una rattoppata lingua greca. Donde la loro denominazione di scuole bilingui.
    Chiaramente si tratta di un indirizzo didattico del tutto deficiente e addirittura pericoloso, giacchè presso i turcofoni produce intense tendenze all’autoesclusione e trinceramento dietro ad irrisolte, si direbbe irridentistiche istanze etniche, mentre i Pomaki e i Romà – stabili e tipici abitanti della regione - sono destinati ad incontrare insuperabili difficoltà nella successiva istruzione secondaria greca a causa dello scadente e incompleto insegnamento in lingua greca ricevuto, inadatto al proseguimento di studi a livello superiore. Ne risulta, in questo caso, una non rara ghettizzazione sociale i cui risvolti non possono che essere deleteri per Pomaki e Romà, incoraggianti invece e favorevoli per la politica turca in Tracia nella prospettiva che Pomaki e Romà non trovando sbocchi di sviluppo e progresso in ambito greco per le ragioni or ora cennate, cedano facilmente alle (unica alternativa!) lusinghiere proposte e offerte turche.
    Non senza ragione è stato affermato che le scuole minoritarie “condannano alla semignoranza, chiudono gli orizzonti conoscitivi degli alunni...aggiungono fanatismo, detraggono cognizioni, moltiplicano la confusione, creano i “noi” e gli “altri”, aggiungono ideologie kemaliste, tolgono il pensiero critico”.10
    Nel 1996 fu presentato il Programma di istruzione dei bambini musulmani denominato “Frangudaki-Dragona”, dai nomi dei due promotori, nel quale compare l’assurdità dell’utilizzazione della lingua turca come esclusiva lingua d’appoggio nell’apprendimento della lingua greca! Complementare è stata l’edizione di dizionari bilingue greco-turchi e l’organizzazione di seminari di lingua turca per gli insegnanti greci!
    Decisamente il colmo del paradosso in questa metodologia assolutamente antiscientifica e antiellenica che  dal medesimo stato greco parrebbe appositamente dedicata  alla turchizzazione delle scuole greche in Tracia.
    In tutta obbiettività, nondimeno, non può non riscontrarsi la piena inefficacia di simili “programmi” il cui accoglimento da parte dell’elemento non turcofono sembra sia stato del tutto negativo evidenziando l’inconsistenza pratica e teorica di fondo della stessa struttura di base, ossia la c.d. “scuola minoritaria”. Il fallimento di questa, da più parti ormai assodata, fa sì che la più sensata decisione da parte greca sarebbe quella di:
a) istituire in tutta la regione pomaka scuole elementari statali greche nelle quali accogliere gli alunni Pomaki che sentono di essere greci (e sono molti);
b)  in tali scuole elementari creare consistenti corsi per l’insegnamento della lingua materna agli alunni Pomaki e Romà quali lingue complementari.
    L’insegnamento del turco valga solo per i musulmani turcofoni, quale lingua complementare alla lingua greca, prima lingua dappertutto ovviamente in Grecia, anche per in turcofoni musulmani che pur sempre sono di nazionalità greca. A nessun livello scolastico, invece, va insegnata la lingua turca ai Pomaki greci di madrelingua pomaka che rifiutano il turco.
c) applicare una istruzione prescolastica in lingua greca nelle scuole materne statali da creare in tutta la regione pomaka;
d) fare immediatamente funzionare le quattro scuole statali elementari greche, istituite sin dal 2007 ma mai sinora funzionanti;
e) per i pomaki greci non turcofoni, eliminare la lingua turca a livello elementare e stabilire l’insegnamento della lingua pomaka(vedi b);
f) rispettare e applicare le previsioni della Convenzione di Losanna in merito al carattere musulmano della minoranza pomaka in Grecia e non nazionale turco;
g) insegnare la lingua pomaka sulla base di un alfabeto speciale greco da utilizzare altresì nelle amministrazioni pubbliche in tutta la regione pomaka (come l’italiano-francese in Val d’Aosta e l’italiano-tedesco nell’Alto Adige, in Italia).
    Tutto ciò naturalmente in applicazione delle raccomandazioni della International Convention on the Elimination of all Forms of Racial Discrimination  dell’ONU in data 28.8.2009, secondo cui “La Commissione prende nota che la comunità musulmana della Tracia occidentale è composta dai gruppi etnici dei Turchi, dei Pomaki e dei Romà e il governo [greco] deve assicurare il loro diritto ad usare le loro lingue”, in ciò ribadendo l’art. 41 della stessa Convenzione di Losanna.
    A questo proposito dunque se per i musulmani turcofoni nulla quaestio, visto che la lingua turca viene più che ampiamente (certamente più del normale) insegnata e diffusa, non così succede per i musulmani pomakofoni e romà le cui lingue, pomaka e romanì, non esistono in nessuna scuola!
    Al paragrafo 28 infine della stessa raccomandazione viene richiesto al governo greco di applicarne gli esiti entro il 18 luglio 2013.11
    A questo punto ed in connessione con quanto precede, non sarebbe ozioso precisare alcuni parametri non meno importanti nella generale tematica dell’istruzione primaria in Tracia. Non vi è alcun dubbio che nelle scuole minoritarie così come sono attualmente strutturate viene “costruita” una vera e propria identità turca ad uso e consumo del governo di Ankara. È vero pertanto che nelle medesime scuole non poche manifestazioni di stile kemalista vengono attuate ispirando negli alunni musulmani sentimenti di fanatismo religioso verso i cristiani. Malgrado tutto, prosegue il funzionamento anticostituzionale delle scuole minoritarie nelle quali lo stesso elemento greco-pomako viene discriminato. Peraltro, le scuole minoritarie sono chiaramente illegali in quanto, giusta gli accordi internazionali e la legislazione istitutiva, si tratterrebbe di scuole a carattere privato il cui funzionamento deve essere ovviamente a carico di coloro che vi mandano i figli: in realtà, invece, tutte le spese scolastiche vengono sostenute dallo stato ellenico e sono quindi a completo carico del contribuente greco, ma a totale favore della politica turca!

Il consolato turco a Komotinì

     Prima di concludere la presente panoramica sul popolo dei Pomaki in cerca di un ubi consistam, in pratica di un legittimo riconoscimento della sua qualità di greco-pomako, non sarà inopportuno soffermarsi brevemente sulla presenza e attività del consolato turco a Komotinì i cui “interventi” spesso e volentieri vanno ben oltre i limiti previsti dall’ordinamento consolare internazionale.
     Sia per quanto concerne la politica seguita dal governo greco in Tracia occidentale, sia in relazione alla condotta di organismi statali e privati turchi nella medesima regione, vale la pena, crediamo, conoscere lo stato di cose vigente nello spazio dei pomakochòria(πομακοχώρια), paesi pomaki, seguendo le testimonianze scritte degli stessi Pomaki interessati nella loro diretta, annosa esperienza a contatto con una realtà,  a quanto sembra, spesso davvero poco piacevole.
     È assai recente12 la denuncia di circa 40 insegnanti di religione musulmana nella Prefettura di Rodopi(che con la Prefettura di Xanthi costituiscono la “regione pomaka” greca), con la quale rilevanti particolari della illegale attività consolare turca a Komotinì vengono resi pubblici al fine di provocare finalmente qualche reazione opposta di provenienza ellenica.13 I contenuti della denuncia possono così riassumersi.
     Nel 2007 il Parlamento greco votò la legge 3536 con la quale lo stato si assumeva l’onere della retribuzione di 240 Imam da nominare in servizio nelle 3 legittime e ufficiali cirscoscrizioni-sedi di Muftì in Tracia e per la durata di 9 mesi ogni anno. La legge nella pratica risulta ancora, dopo ben sette anni, inattiva  a seguito di rabbiose e violente, e a quanto pare determinanti reazioni di parte turca: i candidati greci musulmani alla nomina a Imam secondo legge greca non solo non sono stati nominati, ma subiscono attacchi personali e familiari ad opera di noti alle autorità greche facinorosi circoli turco musulmani. E l’unica risposta a tale inadempienza è stata la sentenza n. 50/2012 della Corte d’Assise della Tracia con la quale semplicemente si fa obbligo al ministero ellenico di risarcire finanziariamente gli Imam nominati secondo legge greca ma non assunti!14 Una pronuncia che, limitata all’utilitaristico fatto materiale, ignora il precipuo diritto alle funzioni per legge spettanti ai candidati.
     In tal modo il principio legale secondo cui la minoranza in Tracia ha carattere religioso e non etnico, così come peraltro prevede la Costituzione greca e le convenzioni internazionali (Trattato di Losanna, sempre in vigore) risulta del tutto vanificato.
     È evidente che di fronte all’intraprendente influsso del consolato turco, che certamente possiede autorevoli “agganci” pro-musulmani nel Parlamento greco, come si vedrà di seguito, perfino una legge dello Stato greco non trova l’attesa, giusta applicazione! In tal modo oggi in Tracia non presta servizio nessun Imam di nomina ministeriale greca. E, cosa ancor più assurda e inammissibile per la sovranità di uno stato (nella fattispecie, quello ellenico!), gli Imam attualmente “in servizio”sono quelli “nominati” dal consolato turco (cioè, dal governo turco) evidentemente senza alcuna autorizzazione da parte greca! Non sapremmo dire in quale stato che non sia fantoccio  intrusioni del genere potrebbero essere tollerate!
    E come se ciò non fosse sufficiente, l’attività del consolato turco a Komotinì15  si estende, oltre che in azioni di propaganda, anche in atti di provocazione e minacce personali contro chiunque si opponga o, addirittura, appena non  appoggi la sua  attività.
    È assai recente l’intervento di parlamentari di varia tendenza politica al fine dell’approvazione di un emendamento alla legge predetta che possa condurre alla nomina dei maestri mancanti. Ma allora ci si chiede: la legge ha bisogno di emendamenti per essere applicata?
     Quanto precede solo parzialmente chiarisce la quantità del potere parallelo e illegale che la rappresentanza consolare turca esplica in Tracia occidentale accanto al legittimo, ma fantomatico potere statale ellenico e con l’ equivoca acquiescenza di quest’ultimo, senza mezzi termini, nella maggioranza dei casi, superato e sostituito.
     L’obbiettivo che la Turchia raggiunge è doppio: che da una parte la minoranza pomaka non turcofona venga considerata e trattata come etnicamente turca e dall’altra che i bambini della minoranza stessa non solo non imparino bene il greco, ma vengano del tutto esclusi dalla loro lingua materna pomaka! E là dove non arriva il potere statale ellenico l’attività consolare turca crea una propria rete di istruzione  istituendo proprie scuole materne bilingui in violazione della legislazione greca!
     Una denuncia di comportamenti illegali del partito PASOK al governo così da “condurre” le autorità greche a “chiudere un occhio” (anzi, tutt’e due) accogliendo le domande, redatte dal consolato turco, che guidano i genitori ad iscrivere i propri figli nelle materne bilingui di creazione turca, ha svelato palesi ipotesi di ricatto politico sopra tutto da parte di un deputato PASOK della circoscrizione di Rodopi nei confronti del presidente del partito E. Venizelos. Precisi nei numeri i termini del ricatto: 17.000 voti della minoranza da dare al partito SYRIZA dell’opposizione se non viene “chiuso un occhio”!
     Un degrado politico della prassi partitica in trionfale esaltazione.
     Il plesso di connivenza, ufficiale o/e ufficiosa, spontanea o/e ricattatoria, delle due parti politico-amministrative al potere in Tracia occidentale, Grecia e Turchia, per quanto innaturale possa apparire ed essere, non pare suscettibile – purtroppo per i Pomaki – di essere presto vinto ed eliminato. I consentimenti della parte greca, regolari e continui e senza il minimo contraccambio, hanno di certo ispirato alla parte turca la sensazione di poter gestire senza problemi essa sola, e proprio nello stesso territorio greco e in barba alla pertinenza legislativa e giuridica greca, la problematica pomaka a proprio vantaggio.
     La politica turca di “acquisizione” a sé dell’etnia pomaka oltre che basata sulla ormai penalmente rilevante assenza amministrativa, giudiziaria e civile ellenica, trova ampia applicazione in diversi programmi di assistenza e giovamento finanziario provenienti sia da fonti private (ricchissimi turchi) sia da fonti innominate, di origine però facilmente individuabile (lo stato turco).
     Così, a puro titolo esemplificativo, ma fortemente indicativo, il “creso” turco Omar Babà, imprenditore, offre per ogni bambino che abbandona la scuola greca per studiare in una scuola coranica privata(anche queste funzionanti in Tracia, mentre per analoghe scuole confessionali ortodosse greche in Turchia, neanche da pensarci!) la somma di 500 euro al mese. Un’altra offerta di 1.000 euro all’anno viene proposta per ogni ragazza minorenne che indosserà il tradizionale fazzolettone musulmano: importo messo a disposizione “ufficiosamente” dal consolato turco. E poi, sono anni ormai che vengono offerte delle antenne paraboliche per captare i segnali di mezzi televisivi turchi principalmente nei paesi montani pomaki della Tracia dove il segnale dei mezzi TV greci non è mai giunto o è insufficiente. Nel centro di Komotinì, un moderno edificio di lusso ospita gli uffici (enfaticamente grandiosi) della banca turca Ziraat Bank il cui compito è quello di prestare ai soli musulmani e alle associazioni di interessi turchi danaro al tasso del 3%, quando nelle banche greche il tasso ammonta al 14%.
     Accanto a simili attività che, se non altro, indicano una assai profonda penetrazione economico-sociale turca nel tessuto delle minoranze musulmane, vanno poste non meno deleterie per i Pomaki (e sono molti che si professano greci e tengono ad esserlo) pratiche legislative e amministrative greche i cui risultati sono egualmente corrosivi per la resistenza pomakan ale seduzioni turche.
     Innanzi tutto la legge greca costringe il bambino pomako (che, giova rammentare, non ha nessun rapporto con la cultura e lingua turca) ad imparare, senza altra  alternativa, sin dalla prima classe elementare il turco e il greco. Nessuna possibilità viene offerta per l’apprendere il pomako, la lingua materna. E se il greco, sia pure rabberciato e invalido, che s’insegna nelle scuole minoritarie potrebbe in qualche modo apparire utile vivendo in Grecia, il turco  ci si chiede (anche se il governo greco non sembra essersi mai posta la domanda) a cosa possa servire appunto in territorio greco!
     È certo che simili programmi didattici hanno l’implicito scopo di istruire non alunni greci pomaki, ma alunni turchi che molto probabilmente non rimarranno in Grecia, nè proseguiranno i propri studi in Grecia, ma si trasferiranno in Turchia  determinando lo sconvolgimento della sequenza etnica pomaka nel tempo decisamente trasformata in nazionalità turca!
     D’altra parte, l’insediamento in Tracia occidentale di fanatici nuclei turco-musulmani nazionalisti è stata sommamente facilitata dalla riforma comunale-amministrativa16 con una spesso illogica “riorganizzazione funzionale” in accorpamenti comunali autonomi: ne è risultata di fatto, e di non poca importanza, la creazione di quattro comuni della circoscrizione di Komotinì, due dei quali guidati da sindaci turchi(!!) al servizio del consolato turco, come è facile intuire.
     Non si può infine non ricordare anche le pericolose beghe politiche. I partiti (greci) con validi interessi elettorali nella regione non hanno minimamente esitato a porre in testa alla loro lista  candidati musulmani turcofoni appoggiati, se non addirittura proposti, dal consolato turco. Risultato: due dei tre deputati eletti nella Prefettura di Rodopi (Tracia occidentale) con capitale Komotinì altri non sono se non gli “eletti” del consolato turco, con quanto possa scaturire da simile evento.17
     Concretamente dunque lo stato di fatto ora in essere nei Pomakochòria è il visibile e vistoso effetto di una pluridecennale latitanza statale ellenica ed un corrispondente sopravvento dei disegni politici turchi – ovvero una situazione che nessun stato “normale”, che rispetti se stesso, accetterebbe mai che accada nel proprio territorio.18
     Entro un simile quadro trovano la loro logica, pur essendo decisamente inammissibili e inaccettabili, le dichiarazioni fatte dai due deputati “consolari”, parlamentari greci(!),  dopo la loro elezione: Tsetin Màndazi (PASOK), non si peritò di affermare pubblicamente che “la comunità turca della Tracia occidentale costituisce parte della grande nazione turca”, mentre Orchan Chagiibrahim (Nuova Democrazia) più espressamente dichiarò che il suo ingresso nel Parlamento (greco) sarà per difendere i diritti dei “turchi della minoranza”.
     In entrambi i casi non sfugga un particolare della massima importanza: parlando di “comunità turca” i predetti – come peraltro sostengono sia il consolato turco che il governo di Ankara – non intendono riferirsi solo ai  60.000 musulmani turcofoni (opportunamente da anni “edotti” a considerarsi “turchi”), ma comprendono altresì i 45.000 Pomaki musulmani e i 15.000 Romà pure musulmani, tutti “sulle carte” cittadini greci!   
     Alla luce di quanto precede, ci si chiede – e sarebbe bene che si chiedessero anche tutti i cittadini europei – cosa accadrebbe nella Comunità Europea se per caso la Turchia dovesse entrar a farvi parte, con i milioni di turchi ivi residenti e con la politica ufficiale turca di voler porre sotto la propria “protezione” non soltanto tutti i turchi all’estero, ma anche tutti i non turchi, ma musulmani, nel rivendicato presupposto che la Turchia sia il naturale paladino di tutti i seguaci dell’Islam. Un particolare, non superficiale, che quasi tutti ignorano in Europa.19
     La maggior parte della comunità pomaka ha sempre voluto e chiesto di essere considerata greca di professione musulmana, fedele alle leggi greche – e come tale trattata. Ha sempre chiesto di far frequentare ai propri figli le vere e proprie scuole greche e non quelle c.d. minoritarie, in commistione con i turcofoni greci, ma fondamentalmente turchi per convinzione, con i quali non sente di avere nulla in comune, come in effetti, per nascita lingua e cultura, è. Ha sempre chiesto di fruire degli stessi diritti dei turcofoni musulmani. Sono addirittura frequenti i casi di false dichiarazioni di residenza fornite alle direzioni didattiche di Xanthi e Komotinì allo scopo di poter iscrivere e far seguire in queste città ai propri figli i corsi delle scuole greche anche se ciò significhi dover fare ogni giorno chilometri di strada.
    Per tutto ciò, e malgrado la sopracitata. precisa esortazione/ammonizione del Comitato Internazionale per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale dell’ONU (28.8.2009),20 nessun governo ellenico – apparentemente in nome di una più che precaria (come dimostràtasi nei fatti) amicizia greco-turca “coltivata” con incomprensibile, strana ostinazione – ha mai aderito alle richieste dei Pomaki proseguendo nel loro “declassamento” non solo giuridicamente illegale, ma altresì politicamente errato e pericoloso e socialmente ingiusto e anacronistico, oltre che palesemente discriminante. In tutta sincerità, non se ne vedono le ragioni. E di certo appare poco plausibile che ancor oggi, nel 2014, presso questi governi ellenici non solo della destra-conservatrice, ma anche sedicenti socialisti-progressisti, a distanza di circa mezzo secolo dalla fine della “guerra fredda”, possano proseguire pratiche ideologiche di quella lontana mentalità e psicosi nel considerare la “natura” della minoranza pomaka.
    Un radicale mutamento di rotta non solo è augurabile, ma si impone, non foss’altro che per sanare una infinita ingiustizia etnica, sociale e civile. Insomma, un vero atto di giustizia e di equità per una popolazione che non aspetta altro.21


                                   

                                                    N  O  T   E

1) Sopra tutto per quanto in prosieguo verrà esposto, vale la pena di precisare che i Pomaki di stanza in Bulgaria e Turchia sono stati completamente assorbiti dalle rispettive popolazioni locali e inseriti nelle corrispondenti nazionalità. I Pomaki in Grecia, invece, teoricamente costituiscono una minoranza etnica straniera, malgrado le ripetute istanze, nel passato ed attualmente, di integrazione nel tessuto nazionale greco e malgrado che, anche ufficialmente(!) – e questo è il particolare connotato di assurdità – siano considerati cittadini greci, al pari di tutti gli altri musulmani della regione(turcofoni, Romà). I Pomaki in Albania e FYROM non compongono in pratica validi ed influenti aggruppamenti socio-nazionali. Da notare, infine, nell’Enciclopedia Garzanti – Universale, XIX ed. 1976, la acritica e superficiale definizione dei Pomaki come “bulgari di religione musulmana...abitano la regione del Ròdope” – una generalizzazione per lo meno grossolana.

2) Hamdi Omer, Relazione al congresso internazionale per le lingue minoritarie  presso l’Organismo Mercator, Paesi Bassi, 23/25.11.2004.

3) op. cit.

4) In realtà e in verità proseguita fino ad oggi, come apparirà nella lettura appresso.

5) Dopo la seconda guerra balcanica (1913), la Tracia occidentale era stata totalmente occupata dai Bulgari.

6) Da tener presente che i Pomaki, pur essendo di fede islamica, non hanno mai attuato manifestazioni di ostilità verso la popolazione maggioritaria ortodossa greca.

7) E, a nostro parere, ricusati con arroganza e stolidezza.

8) La lingua turca!

9) La filosofia e la prassi delle scuole minoritarie derivano dal dettato del Decreto Legislativo 1109/25.1.72.

10) N. Kokkas, L’istruzione minoritaria e la teoria del prezzo politico, in sito http://pomakohoria.blogspot.gr/, 24.9.2010.

11) A quanto ci risulta, nulla sembra essere stato applicato sinora.

12) Messaggio internet odeg@otenet.gr del 21.12.2012 da Paparodopoulos Nikos a Hellenic-Professors-Phds@Hec.greece.org

13) A quanto consta, a tutt’oggi nessuna reazione greca al riguardo è stata registrata.

14) Ci si sarebbe aspettati che ordinasse invece l’immediata assunzione degli stessi e inizio di attività!

15) Per strano che possa apparire, questo consolato ha la propria sede in una città (Komotinì) dove la minoranza musulmana è piuttosto limitata, e non a Xanthi nella cui provincia si trovano quasi tutti i centri musulmani turchi e pomaki.

16) Con il nome di Kallikràtis(Callicrate: architetto ateniese che nel V sec. a.C. insieme a Ictino costruì il Partenone).

17) Per maggiori informazioni, v. sito www.zagalisa.gr  Peraltro, non bisogna perdere di vista la circostanza che l’intera popolazione minoritaria in Tracia occidentale (pomakòfoni, turcòfoni e romà) la legislazione greca considera costituita unicamente da cittadini greci di religione musulmana.

18) Quot. Kiriakàtiki Eleftherotipìa(Stampa Libera della Domenica), 8.3.2009. I predetti due deputati sono tuttora membri dell’attuale Parlamento greco.

19) Senza contare l’innarrestabile invasione di turchi in cerca di miglior fortuna che avrebbe luogo in tutti i paesi comunitari, legittimata dalle norme sulla libera circolazione dei cittadini entro i confini dell’Unione.

20) v. anche Pro-memoria sull’istruzione dei Pomaki in Tracia inviato il 3.3.2010 dalla Associazione Culturale dei Pomaki di Xanthi ai ministri greci della P.I. A. Diamandopùlu e degli Esteri J. Papandreu, in citato sito http://pomakohoria.blogspot.gr/ del 5.9.2010.

21) È recentissima l’informazione della istallazione – finalmente! – dei  primi 23 insegnanti coranici(Imam) in scuole statali elementari greche a norma della citata legge 3536/2007,  sinora rimasta inoperante. È da vedersi adesso quando avverrà la nomina dei rimanenti candidati.


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I POMAKI

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